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lunedì 15 novembre 2010

Pillole di Geografia immaginifica

Colma di giubilo per l'apprezzamento dimostrato nei confronti del post sui cessi, del superamento della barriera degli 8 votanti al sondaggio e nell'attesa di vedere per la seconda volta Fazio&Saviano, mi butto in un nuovo tentativo di personificazione. Non voglio certo accantonare le Pillole di Retorica, ma farle affiancare da nuovi soggetti in azione: le città italiane.
Mentre viaggiavo in uno dei miei interminabili Bologna-Roma in IC, infatti, riflettevo sul fatto che, per quanto le persone colte e modeste come la sottoscritta cerchino sempre di buttare acqua sul fuoco e di minimizzare la cosa, i luoghi comuni sugli abitanti delle regioni e delle città d'Italia, esistono. E, se esistono, è altrettanto provato che si fondano su basi reali.
Quindi, perché non provare a drammatizzarli e a farne personaggi viventi?
Di città italiane, mia pecca, ne conosco bene soltanto poche: in non molti casi mi è capitato in esse di restare, soggiornare, mangiare, percorrere, usufruire, dormire e ripartire, azioni necessarie, quasi tutte, almeno, per impregnarsi dello spirito della città e assaporarne i più profondi luoghi comuni. Però possiamo cominciare con le prime che mi vengono in mente, le più facili (almeno per me). Poi, magari, continuerete voi (lo spero, non deludetemi!!)
Bologna è una Professoressa di Università (e cosa, sennò?), decisamente in carne, che cammina ondeggiando il suo poderoso didietro e divertendosi ad incutere, più per posa che per davvero, un certo timore nella sua variopinta massa di studentelli del primo anno. Ha dovuto sgomitare e sudare il doppio dei suoi colleghi maschi, per arrivare dov'è arrivata, ma non ha perso per questo la passione per la materia che insegna, la Storia dell'arte medievale. Sempre molto accaldata, gira spesso mezza svestita, con la giacca in mano, la camicetta un po' sbottonata, che, anche se si vede "la ciccia", non le importa gran ché. Vestito a parte, comunque, in Facoltà si dà sempre un tono, è rispettosa, diligente, puntuale. La sera, però, fa uscire il suo lato più stravagante e colorato e, abbandonate sul divano cartelline di programmi, fasci di tesine e lettere intestate, va ad un appuntamento segreto di cui non ha mai perso una puntata: il corso di tango, fase avanzata, gruppo 2.
Molto diverso è invece Siena, un orafo ormai sulla settantina, alto, aguzzo, smunto, di colorito verdognolo, mani lunghe e adunche, ciabatte ai piedi. Scortese con tutti i nuovi clienti che entrano nella sua storica bottega, sa però essere dolce ed amabile con quelli abituali, e capita addirittura che, nonostante la sua nomea di spilorcio, se solleticato con un sorriso faccia, ai più stretti visitatori, addirittura qualche lavorino gratis. La sua bottega è tenuta come una basilica: pulita, luccicante, piena di teche con preziosi gioielli acquistati ad aste, tanto tempo fa, quando Siena era un giovane di belle speranze e voleva fare il collezionista; alle pareti, stampe di paesaggi che, nel loro pacato impressionismo, benissimo si sposano con l'atmosfera un po' malinconica ma serena del locale. Troneggia, sul'armadio in fondo alla stanza, un gattone a pelo lungo, bianco come la neve, che sonnecchia tutto il giorno, degna solo di qualche sguardo i nuovi entrati e si fa coccolare e straviziare da Siena, che solo per lui compra il salmone fresco, i branzini arrosto, e gli spiedini di vitello, che sono da sempre i suoi piatti preferiti.
Modena ha sedici anni: dall'alto della sua veneranda età, si crede il migliore del mondo e, soprattutto, crede di vestirsi nel modo più cool della scuola. In realtà - ma questo lui lo scoprirà solo passati i 25 - indossa esattamente le stesse scarpe, la stessa felpa con il cappuccio e gli stessi jeans strettiinfondo di tutti i suoi compagni di classe. Solo che lui, figlio unico di un ingegnere che lavora in Ferrari, questi capi li ha tutti di marca, mentre alcuni suoi amici soltanto del mercato. Si pettina con una lunga frangia stirata, che a dire il vero gli offusca un po' la vista, soprattutto sui lati, ma "va" così e quindi pace. Sogna di diventare... uhm, aspettate un po', lui micca sa cosa sogna di diventare, boh? Intanto pensiamo a non prendere 5 nel pagellino di metà quadrimestre, che sennò mia madre mi vieta la palestra e il calcetto. Non ha tanti amici, Modena è un tipo un po' sulle sue, introverso dice la sua prof. di italiano, ma a quei due che ha vuole molto bene, anche se nel suo modo un po' rude: vanno a calcetto insieme, in palestra insieme, a mangiare le tigelle insieme. Uno di loro insiste a dire che Modena dovrebbe accompagnarlo anche "al circolo", ovvero al circolo ARCI, dove si incontra con altri giovani con la kefia e insieme fumano gli spinelli. Però la mamma di Modena non vuole assolutamente, dice che là sono tutti comunisti. Modena ci sta ancora pensando su; al massimo dirà una balla e ci andrà lo stesso, mamma o non mamma.

5 commenti:

  1. J'aimerai bien comprendre tout ce que t'écris... Parce que tu écris beaucoup, presque un billet par jour ! :D
    Val

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  2. eh caspita: tu sei davvero brava a personificare luoghi geogragici e immagini retoriche. vorrei essere a siena ad accarezzare il suo gattone a pelo lungo...
    e invece posso solo solo tirare fuori qualche rara immagine che a suo tempo mi era balenata nella mente. come ad esempio sulmona che è una nobile signora, che al mattino si muove molto lentamente, fa toeletta, il trucco, si veste degli abiti migliori e passa il tempo che manca ad andare a pranzo a passeggiare tra i tesori della sua famiglia. ma quando le salta la mosca al naso esce fuori la sua anima popolare e caciarona e va tra le bancarelle del mercato.
    tortona invece nelle prime ore del mattino (sempre mattino, è il momento che preferisco) è come una signora di campagna che si sveglia, si stiracchia e spettinata si alza, mette le ciabatte e va a preparare la colazione. come tutte le signore di campagna, la domenica mette gli abiti eleganti, quelli della festa e scende in piazza, a sognare di esser raffinata cittadina, ma è presunzione: resta sempre una signora di campagna.
    milano è invece una città timida. ma non di quei timidi che si nascondono e tacciono. no, di quelli che invece vogliono apparire, ma siccome se ne vergognano al tempo stesso, si fanno vedere aggressivi, impegnati, sempre di corsa, con poco tempo. e anche quando fanno i gradassi il gioco è subito scoperto e devono sparare alto sperando di non fare brutta figura. poi però quando milano è da sola, nelle sue stanze tira fuori il vero carattere, bonario, un po molliccio e -tolta la pancera- si lascia un po andare.

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  3. bellissime, Frank! Guarda che le tue sono belle quanto le mie...peccato non essere mai stata nelle prime due e solo si sfuggita per la terza: però dal poco che conosco Milano mi sembra un personaggio più che azzeccato!

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  4. @Val: dans ce post, j'ai décrit des villes italiennes que je connais très bien comme s'ils étaient des personnes, avec des caracteristiques nées des plus grands lieux communes...la prochaine fois j'essaierai de le faire meme avec Paris: et je promets que je le ferai en francais! ;) (pardon pour le francais, mais je suis pressée!)

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  5. milano penso di conoscerla abbastanza: ci vivo da una quarantina d'anni, mentre le altre due sono solo un'impressione di alcune frequentazioni più o meno di passaggio.

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