A volte mi fermo a pensare e mi piace immaginarci, tutti noi che componiamo questa massa assurda e brillante chiamata umanità, mi piace immaginarci come tante minuscole formiche che percorrono millimetro dopo millimetro, una superficie di spazio e di tempo che ad altri pare irrisoria.
Questo non banalizza i nostri passi: ogni pezzettino di pane che riusciamo a riportare al formicaio continua a sfamarci, ogni granello di polvere con cui costruiamo la nostra casa continua a proteggerci dalle intemperie.
Però, nonostante questo, ci sono pezzi di marciapiede che a noi paiono montagne invalicabili, o distanze che sembrano impossibile da coprire, o segmenti di tempo che sentiamo insostenibili.
Mentre invece non è così. O perlomeno, a me piace immaginare che non sia così.
Quando una formica intenta a riportare sabbia al proprio formicaio ne incontra un’altra, una ‘straniera’, sulla propria strada, pensa necessariamente che quello sarà un incontro unico, che quella formica proviene da un altro universo, che si tratta di un caso fortuito. Ma il bambino che stuzzica i formicai con il bastone e che osserva questi incontri dall’alto del suo metro e venti le due formiche le vede vicine: in fondo, afferiscono semplicemente ciascuna ad un formicaio posto ad uno dei due lati dell’angusto giardinetto di casa sua.
È per questo che credo fermamente che due persone possano sentirsi vicine anche se sono lontane: e non è cosa che si possa spiegare con la fisica, con la chimica o con la biologia molecolare. Possono sentirsi vicine semplicemente perché c’è, forse, da qualche parte, una dimensione enne dove esse, vicine, lo sono realmente.
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RispondiEliminaMagnifico. Grazie.
RispondiEliminaGrazie mille!
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