L’altro giorno mia madre mi ha messo in camera un tappetino
azzurro. Uno scendiletto, di quelli colorati dell’Ikea, che stava in camera mia
quando ero piccina, e che non vedevo da tanto. Ha piazzato il tappetino accanto
al letto e ha detto così quando scendi
dal letto non senti il pavimento freddo sotto i piedi. E quando lei ha
richiuso la porta dietro di sé, lasciandomi ai miei fogli e al mio computer, ho
guardato il tappetino e d’improvviso la camera sembrava più casa.
Proprio così: il tappetino faceva sorridere la camera.
E allora mi sono messa a riflettere su cos’è che ti fa sentire ‘a casa’; e mi è venuto in mente un post simpatico che avevo letto in un
periodaccio a Parigi e che intitolava sono
a casa quando… (lo trovate qui)
E Tinni, quand’è che è a
casa?
Quando allunga lo sguardo e vede via Lunga e fuori dalla
finestra c’è il fico appena potato da mio padre dopo grandi contrattazioni
famigliari e giù, per la strada, i vecchietti camminano pacifici con la
Gazzetta di Modena sotto al braccio?
E mentre scrivo queste
righe dal mio netbook seduta su un seggiolino scomodo del trenino Bologna
Vignola, una signora che riassume in sé tutti i possibili connotati
dell’aggettivo semplice, mi guarda
sperduta e mi dice mi piacciono tantissimo i suoi stivaletti, sa? Devono
essere anche comodissimi, vero? E i miei
stivaletti sono vecchissimi, sporchi, bucati nella suola e sfondati per i
troppi passi percorsi da quel giorno in cui provai il dottorato a Siena e
ancora mi ricordo che venne a piovere un battello d’acqua e gli stivaletti
nuovi si rovinarono tutti, fin dal primo giorno. Già da quello, dovevo capirlo,
che non sarebbe andato bene, il concorso…
E alle domande sulla casa si sommano quelle sugli
stivaletti; perché casa è anche dove
qualcuno ti chiede, seduto accanto a te su una suburbana locale, se i tuoi
stivaletti sono comodi. Così non importa tanto, forse, se le persone intorno a
te sono semplici, e allora forse non
importa nemmeno cosa vedi dalla
finestra, se c’è il fico o la Maison du Japon, forse allora basta avere nello
zaino un tappetino azzurro dell’Ikea, arrotolato in un angolo, pronto per
essere sistemato sotto ad un letto, così
quando scendi la mattina non senti il freddo del pavimento.
E forse non solo quello.
Pensando al tuo stimolante quesito mi chiedo anche io: quando mi sento come a casa?
RispondiEliminaSi perchè a casa uno si sente davvero quando entro le mura di casa, la casa dove uno è cresciuto, con gli amici di infanzia, di palazzo, di quartiere, le memorie care e i ricordi di tanti fatterelli quotidiani.
Oppure uno si potrà sentire come a casa dove il cuore e la mente saranno riscaldati da affetto e dall'amore, sentimenti che anche un tappetino celeste stile Ikea saprà fare ridestare.
Bentornato(a) a casa! Che bello sentirsi augurare il ritorno alle cose e persone che ci vedono spesso, con le quali siamo cresciuti insieme, con aiuto ed attenzione reciproci.
Bentornata online!
Marco
Mi tocca ammetterlo: io mi sento a casa nel mio liceo. Questo eterno ritorno un po' mi inquieta, ma io lì ci sto proprio bene!
RispondiEliminaNiculet