Esiste un'ora magica, nella giornata di Tinni: è l'ora in cui, guancia al cuscino, Tinni chiude gli occhi e si abbandona al sonno che viene.
Ma il sonno non viene subito, o meglio, l'ora magica scatta proprio quando il sonno non arriva immediatamente: l'ora magica è quell'ora in cui Tinni veleggia tra i sogni e la veglia e lascia correre i pensieri più fondi, quelli che raschiano il barile del suo cervello.
Ah, il Dormiveglia (sempre adorabili, le parole composte, non trovate? Così impeccabilmente precise, con il loro tovagliolo ben piegato sulle ginocchia prima di mangiare e la bocca sempre pulita..), che invenzione meravigliosa.
C'è stato un tempo in cui Tinni dedicava il proprio Dormiveglia alla programmazione dell'abbigliamento e dell'acconciatura del giorno dopo; ce n'è poi stato uno in cui si apriva ad improbabili preghiere trascendenti in merito all'oggetto - periodicamente mutato - del suo cocente amore adolescenziale; un altro ancora in cui ripassava a labbra serrate l'esame imminente. Tutti questi Dormiveglia sono stati significativi, a loro modo.
Da un po' di tempo a questa parte, però, Tinni aveva smesso di dormivegliare; al sonno ci andava incontro correndo, forzando le tappe, scavalcando gli ostacoli. E solo ora si accorge che, per quasi tre anni, le è mancato qualcosa.
Perché il Dormiveglia è magico, e non bisogna mai smettere di far fruttare quel poco, quel briciolino di magia che la vita ci concede.
Il Dormiveglia non è adatto ai ragionamenti, sconvolge il principio di causalità, rifiuta la fisica e ripudia i test a crocette. Il Dormiveglia è un santone indiano che ingoia il fuoco, è l'uomo che cammina sui pezzi di vetro, è una ballerina malata che volteggia nella sua ultima piroetta.
Io mi immagino che, nel dormiveglia, la bicicletta che sta dentro al cuore di ciascuno di noi (e come? non lo sapevate che dentro di noi c'è una bicicletta che, per quanto tu pedali, ti porta sempre nella direzione che vuole lei? Bhe, sapevatelo!), si prenda la sua ora d'aria. Per un breve periodo possa allontanarsi da quella palla al piede che siamo noi con tutte le nostre ansie e i nostri impegni e le nostre decisioni, e pedalare senza conducente a zonzo per il mondo, magari incontrando altre biciclette, bevendosi una birra a bordo piscina (la mia bicicletta è pur sempre una bici emiliana, è venuta su a pane e piscina, non abbiamo mica il mare, noi!!), facendosi una partitina a carte, o semplicemente guardando sola soletta la luna salire tra due palazzi.
Poi, da brava, rientra chez soi, si risistema al suo posto e ci sussurra quello che ha visto, chi ha incontrato, cosa ha saputo. E noi, di tutto questo, spesso non riusciamo ad afferrare che poco o nulla.
Ma se fate attenzione, giusto giusto un istante prima di addormentarvi, un gusto strano, un profumo diverso potreste forse arrivare ad assaporarlo: è lei, è la bicicletta che ci sta dedicando il suo racconto.
Sa di gelato e di abbraccio, profuma di menta e di pelle appena docciata.
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