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sabato 23 luglio 2011

Fatim

Fatim (nome di fantasia) ha dodici anni. Nel 2022, quando - mi raccontava stamattina - si giocheranno i Mondiali di calcio in Quatar e si faranno tre tempi da mezz'ora per via del caldo e forse metteranno "il clima" negli stadi, Fatim di anni ne avrà ventitre e il suo sogno nel cassetto sarebbe quello di giocarli, quei Mondiali, e di diventare come Messi.

Fatim ha gli occhi che si illuminano, a pronunciare quel nome, Messi, e la bocca grande e carnosa, sempre seria, sempre compunta, si apre in un mezzo sorriso che a me sembra un regalo magnifico, quando lo prendo in giro per il fatto che il "suo" Milan ci ha perso, contro la "mia" Roma, o quando gli dico che magari, un giorno o l'altro, si potrebbe andare allo stadio insieme, io e lui, a vedere magari il Bologna, che lui non ci è mai andato ad una partita importante, ma suo zio gli ha raccontato che i posti dietro alla panchina costano moltissimo ma che da lì si vedono tutti i fuorigioco.

Fatim viene a casa mia ogni due giorni per fare con me un poco di compiti delle vacanze. Ha ben c-e-n-t-o-c-i-n-q-u-a-n-t-a frasi di cui fare l'analisi logica: quel numero te lo sillaba proprio, come una montagna dall'altezza insuperabile, e a me viene una voglia matta di abbracciarlo stretto stretto, quel pulcino magrolino come era Messi prima, ma poi ha preso le pastiglie e ha fatto le punture e a Barcellona è diventato quello che sappiamo. Ma mi trattengo, e ci si mette al tavolo di cucina, davanti alla cartina dell'Italia che ci osserva benevola, con il foglio spiegazzato delle frasi e tre colori a matita con cui sottolineare le parti della frase.

Fatim ha trascorso i primi quattro anni di elementari a fissare un punto vago al di là della cattedra. Impassibile, impenetrabile, ha accompagnato i suoi compagni in un viaggio ad occhi chiusi, senza capire, senza parlare, senza dare segni di alcunché. Poi, all'improvviso, raccontano le sue maestre, in quinta gli occhi li ha aperti. E tutto ad un tratto ha cominciato a fare domande, a scrivere, a interagire, a imparare. Ma con un handicap di quattro anni mancati che, per uno come lui che in casa parla arabo ventiquattro ore al giorno, pesano come macigni sul petto che non ti fanno respirare.

Ma io con Fatim ho deciso che l'analisi logica la si fa alla nostra maniera: a noi del complemento di termine non ce ne frega un accidente - mi perdoni, il Sig. Termine, la schiettezza - a noi il predicativo dell'oggetto proprio non ci tocca, la causa efficiente la snobbiamo con sicurezza. Noi andiamo al nocciolo del problema: soggetto, verbo, complemento oggetto.

E così, frase dopo frase, sottolineatura dopo sottolineatura, errore dopo errore, tra una battuta sulla Coppa d'Africa che forse l'anno prossimo suo zio lo porta a vedere una partita in Marocco e una caramella - al limone per lui, all'arancia per me - , oggi Fatim non ha sbagliato nessun verbo. E i soggetti, che fino a tre giorni fa non riusciva proprio a scinderli dai loro complementi di specificazione, ed era tutto un chi è il soggetto? - Gli scarponi di Giovanni - Eh no! Sono solo gli scarponi, di Giovanni lo senti che è una cosa in più? - Ah, oggi, i soggetti, li ha delimitati quasi quasi tutti giusti. E ad un certo punto scorreva via di frase in frase con un'agilità e una sicurezza da non credere.

Fatim viene a casa mia ogni due giorni, dritto dritto e impettito con la sua cartellina sotto il braccio, senza un soldo in tasca, i capelli ispidi e neri con un abbozzo di cresta e centocinquanta frasi di analisi logica da svolgere; e io, quando Fatim esce dalla porta per tornare a casa e un attimo prima di uscire si volta impacciato e con gli occhi a terra mi dice grazie, sono felice.

4 commenti:

  1. P.s. sì, in effetti di questo bambino avevo già parlato, e con toni simili, parecchi mesi fa. Ma avevo tanta voglia di ripeterlo al mondo, quanto è bello insegnare e sentirsi ringraziati.

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  2. Oh, questo mi piace proprio: mi è quasi scesa una lacrimina...


    Niculet

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  3. La fase di "niente" attraversata da Fatim è la "fase del silenzio", che può essere anche molto lunga. E spaventa moltissimo, soprattutto gli insegnanti, a cui manca quel fondamentale appoggio di interazione per impostare la propria spiegazione. Ma non è una fase di niente: è una fase in cui si assorbono le parole, le frasi e le regole della lingua che si parla intorno a noi. Quando finalmente questa fase - fisiologica - finisce, allora si comincia a parlare.
    In questo modo, purtroppo, l'analisi logica non si impara, e quindi poi si deve recuperare, con grandi sforzi. Ma con un'insegnante come te, credo che i risultati saranno ottimi!

    Ipaz

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