E' antica tradizione, per il contadino che coltiva la vite, piantare al principio di ogni filare una pianta di rosa. La rosa, si crede, tende ad ammalarsi delle stesse malattie della vite, ma con un pizzico di anticipo. Il contadino, dunque, può, osservando con attenzione i primi segnali di debolezza sulle foglie della rosa, trattare tempestivamente anche la vigna per il medesimo male.
Non so se questa antica credenza riposi su conoscenze e dati scientifici. Non so se, effettivamente, al contadino sia mai servita la rosa e se i trattamenti anticipati abbiano mai salvato un vigneto. Ma so, però, che il vedere ogni filare di vite accompagnato, in testa, da una rosa di colore diverso, mi infonde una gioia sincera, fin dalla più tenera età, perché le due, vite e rosa, se ne stanno eternamente lì, fianco a fianco, diverse: l'una verde o rossiccia e pacata, l'altra brillante e vigilante. L'una anima dell'altra.
La parola vite e la parola vita hanno solo una vocale di differenza.
Anche nelle nostre vite, forse, c'è una rosa, per ciascuno di un colore diverso, che vigila in silenzio, senza farsi sentire, e che si prende sulle spalle le nostre malattie e i nostri affanni un attimo prima di noi. Noi ne sentiamo il peso, ci ammaliamo, certo, ma lei è sempre lì, con la sua bellezza disarmante, con i suoi colori sempre puliti, a sussurrarci che anche questa volta, su, ce la possiamo fare.
Come un angelo custode?
RispondiEliminaNel vero senso della parola, oltre che di fatto.