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venerdì 18 novembre 2011

Fabio Volo

Qualche settimana fa un amico mi ha prestato un libro di Fabio Volo, sostenendo che mi avrebbe fatto bene leggerlo.
E io, che l'avevo sempre sentito criticato od osannato (specie la prima, a dire il vero, visti gli ambienti che frequento) senza mai averlo aperto, ho deciso di lanciarmi in questo esperimento antropologico.
Mi sono fermata a metà, a dire il vero; ma non perché non ce la facessi ad andare avanti da quanto era brutto, ma perché l'esperimento aveva già portato i suoi frutti e non era necessaria più alcuna verifica.

Il libro in questione è Esco a fare due passi.
Si tratta di una lunga lettera che un trentenne in crisi spedisce ad un suo vecchio amico, raccontando di sé e di quello che non va nella sua vita normale di trentenne, sfogandosi e mettendo a nudo tante piccole ansie e paranoie e paure e voglie che lo attanagliano.
Fine del riassunto.

Ecco quello che voglio dirvi: il libro è scorrevole e semplice, scritto per chi non è avvezzo alla lettura e non si concentra mai per più di dieci minuti di fila nella sua giornata. E' scritto per chi alle superiori diceva leggere mi fa schifo e per far dire loro è incredibile, leggere mi ha sempre fatto schifo e invece questo libro mi ha tenuto incollato, oh (interiezione finale necessaria)! La scelta aggettivale è scarna, i periodi brevi, i nomi propri abbondanti. Insomma, nulla a che vedere con ciò che io di norma considero bella scrittura.
Però.
Però tante situazioni che descrive sono quelle che ognuno di noi, compreso il dottore di ricerca pluripremiato, si trova a vivere nella sua vita del cavolo di tutti i giorni: e non sto parlando necessariamente di innamoramenti o licenziamenti, ma anche e soprattutto di tutte quelle sfumature agrodolci che costituiscono i pezzetti disfatti e confusi delle giornate di routine. Cose come mordersi il labbro e sentire il sangue che esce ed ha un sapore stomachevole, guardarsi le occhiaie nel retrovisore e fare le facce per vedere se sorridendo un po' diminuiscono, sbirciare il sedere del proprio collega ed accorgersi che non è male, mettere i piedi uno davanti all'altro camminando sulle linee delle mattonelle. Non sono esattamente queste le cose che Fabio Volo (o chi per lui) racconta, però hanno questo sapore qui, il sapore che ti fa dire è vero! il sapore che ti fa sorridere tra te e te e pensare eh già, siamo tutti nella stessa barca, e poi ancora ti fa chiedere e chissà come è andata a finire, per lui che scrive e vive queste cose, magari quello che ha scelto o fatto lui può servire anche a me. E così continui il libro, pagina dopo pagina, alla ricerca di una risposta, e ogni tanto ne trovi mezza e ti verrebbe voglia di sottolinearla e di segnartela sul diario di scuola, se tu ne avessi uno.

Ora, non che io di risposte ne abbia trovate di molto profonde, nelle prime cento pagine di Esco a fare due passi; però quello che mi ha fatto pensare è stato il fatto che, sotto sotto, la gente che legge e che ama Fabio Volo lo ama proprio per quel -è vero!- mormorato tra le pagine. E che è lo stesso motivo per cui a me piace leggere Lettere ad un giovane poeta di Rilke. E per cui tra la sovracopertina e la prima pagina tengo sempre un mozzicone di matita per sottolineare i passi che mi piacciono di più, quelli che sembrano stati scritti apposta per me in quel momento, quelli che mi chiedo e chissà come va avanti con i consigli, adesso, forse sono utili anche a me.
E ciascuno di voi che leggerete queste righe ha un libro così, o ne ha avuti tanti, di libri con le matite infilate dentro per ogni evenienza. E anche chi non ne ha mai avuti - occhio che adesso alzo la posta - infila la sua matitina nelle frasi dei links di facebook, o nei testi sgangherati di una canzone di Vasco, o negli speranzosi ed evasivi bigliettini dentro i baci perugina.

Ciascuno ha mezzi diversi, possibilità diverse e strumenti differenti per accedere alle pagine da sottolineare. Molti ne hanno pochi, di strumenti, e soprattutto per colpa loro, per carità; molti non riuscirebbero a capirlo, Rilke, o non avrebbero la pazienza di leggere un libro senza nomi propri. Però a tutti noi ci spinge quel dannato bisogno di esclamare sorpresi è vero!, tutti noi soffriamo di un maledetto bisogno compulsivo di sottolineare qualche riga della nostra vita.
O almeno a me pare.

17 commenti:

  1. quando nel post precedente avevo letto che eri alle prese con un libro di fabio volo ho controllato se ero sul blog di Tinni (per sentito dire, perchè fino a pochi mesi fa nemmeno sapevo che esistesse un fabio volo). però almeno un bacio perugina me lo mangio e in fin dei conti mi piace.

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  2. Sono contento che tu abbia fatto questo esperimento e che ne abbia scritto sul tuo blog: almeno adesso non mi verrà più la tentazione di farlo io...

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  3. Tu sei mia amica perchè sottolinei Rilke. Io di chi sottolinea Fabio Volo (e ha più di tredici anni) non so che farmene.


    Niculet

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  4. concordo con Scorf.
    ah, mi son trasferita su blogspot: aggiorna i feed! :)

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  5. Bell'intervento, Tinni; lo inoltrerò al mio migliore amico (il quale, spesso e volentieri, mi fa una "capa tanta" con Fabio Volo).

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  6. Concezione un po' elitaria della lettura. E per questo pienamente condivisibile.

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  7. Mia figlia, alle prese con un libro di Fabio Volo:
    "Mamma, sai che Fabio Volo scrive come te?".
    Non avendolo mai letto e avendo dei pregiudizi verso quellichesimettonoascrivereunlibro solo perchè sono dei vip, mi sono offesa.

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  8. Interessante esperimento antropologico: non ho mai letto né Volo né Rilke e leggendo questo post mi è venuta voglia di leggere qualcosa di Rilke.

    ilcomizietto

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  9. D'accordo col Comizietto (... forse, in più, mi sento incredibilmente in colpa per non aver ancora letto R.M.R.).
    E poi, E' VERO: anche io ho matite sparse nelle sovraccopertine di tantissimi libri! (quando poi le cerco per scrivere, però, non so più ritrovarle tutte...)

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  10. Anche io non ho mai letto ne' VOlo ne' Rilke, ma leggendo questo post mi e' venuta voglia di leggere Volo. Penso sare in migliore compagnia.

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  11. Fabio Volo è un ottimo dj intrattenitore, di quelli che alla radio, se passi sul canale per caso, poi ti tiene lì. Questo credo che spieghi. Ma credo di avere capito che cosa intendi, e di condividere: in Italia in realtà ultimamente, a livello più o meno alto, c'è un mucchio (quasi solo) letteratura così, che mira al "ah è vero" (che può essere apparantemente più alto e meno esclusivamente socio-adolescenziale di Fabio Volo), ma in realtà è ugualmente privo di profondità (in senso di conoscenza, intendo).
    Un po' come una fiction, forse, rispetto a un film. Ce ne possono essere di buone, di medie e di scrause. Fabio Volo è sicuramente al livello infimo. Ma io credo che lo statuto di fiction, e non di film d'autore, attualmente pertenga ai 9/10 della letteratura italiana.

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  12. Si tratta di una lunga lettera che un trentenne in crisi spedisce ad un suo vecchio amico

    Ahahah, non è così!

    Lessi questo libro qualche anno fa. Piena di pregiudizi. Come te. Ma lo lessi tutto e alla fine un po' mi piacque.

    Ora tu hai fatto la recensione di mezzo libro evidenziando alcune cose anche molto interessanti. Effettivamente se hai bisogno di confermare dei pregiudizi basta leggere mezzo libro.
    Però credo che per esprimere un giudizio compiuto sarebbe meglio leggerlo tutto.
    Se lo farai leggerò con piacere la recensione completa.

    Ps: Periodi brevi uguale non bella scrittura, mi pare un'affermazione un po' azzardata. Gli anglosassoni amano periodi brevi, molti punti e poche subordinate e dimostrano che si può fare buona letteratura anche così.

    anna

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  13. Ammazza, quanti commenti! Non so da dove partire..
    Comincerò da Anna, che è quella che maggiormente necessita spiegazioni: sì, probabilmente il libro va avanti e la trama si evolve, solo che davvero non ho più avuto molto tempo di dedicarmici e così ho deciso di commentare anche a libro non finito. In effetti non è proprio un'operazione imparziale, ma almeno l'ho dichiarato ;) Quanto alla scrittura per periodi brevi, non sono contraria a priori, però nel libro di Volo mi pare che essa si coniughi con ALTRI fattori che la rendono un po' troppo semplicistica per i miei gusti. Però si tratta pur sempre di gusti, quindi soggettivi per natura!

    Comunque grazie, mi hai sollevato la curiosità di andare oltre la pagina 100!

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  14. @povna: non credo però che sia sbagliato in toto il principio dell'"è vero", sai?
    In fondo, come scrivevo, pure Rilke (a me pare) parte da lì, o meglio NOI partiamo da lì per leggere Rilke..
    C'è un lettore accanito di questo blog che però non ama i commenti "in calce" (come li chiama lui) che però mi ha scritto una cosa in merito che secondo me calza a pennello, e mi perdonerà se la rendo pubblica: "per
    intraprendere con successo una lettura ci vuole da parte del lettore
    l'intuizione istantanea di un incastro, di natura psicologica e del
    tutto occasionale, con l'opera". Questo è l'"è vero". Ne parlava, mi pare, anche Come diventare il mio cane, qui: http://comediventareilmiocane.blogspot.com/2011/10/voyager.html. Con un filo in più di sarcasmo rispetto a Tinni, però la storia del suonare il pianoforte senza mani mi era piaciuta assai.
    "é vero" lo cerchiamo tutti. Fabiovolisti o Rilkiani.

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  15. ho scritto "che però" due volte di fila. Che schifo. E' colpa di Volo, me lo sento.

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  16. assolutamente, Tinni, e poi io amo le fiction. soltanto, mi piace chiarirmi in anticipo sul genere che mi devo aspettare. (tanto per essere più chiari: Giordano, ma persino il fighettissimo Lagioia sono, a livelli di versi, "è vero" e fiction". Un po' più nascosti di Volo, tutto qui).

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  17. Leggere fa schifo quasi sempre, se leggi sul serio.

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