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giovedì 1 dicembre 2011

Quell'attimo di silenzio

Quando ti accolgono sulla porta di casa, ancora un po' truccate dalla mattina, con i pantaloni della tuta comodi e caldi ma gli orecchini brillantinosi che si sono dimenticate di togliere al rientro da scuola, il ciao non tradisce alcuna emozione. Sono ancora immerse in quella nuvola di fatti loro, in quel pulviscolo di eventi minuti od immaginati che tu ancora ricordi bene, e a volte anzi ti piace ricacciartici, quando guidi e fuori fa freddo o quando le lenzuola sono spiegazzate intorno al tuo pigiama per il troppo girarti e la notte è ancora lunga da passare.

Ma poi arriva la tua domanda, che hai preparato facendo mente locale al salire le scale sì mi pare fosse lei che ieri aveva la consegna della versione, e il allora come è andato il compito? scrolla via con un gesto stizzito la cortina di fumo adolescenziale che normalmente le ricopre.

Ed è lì che ti innamori un po' di loro. Perché alla domanda fatidica sanno fare una smorfia tutta speciale, piegano la bocca di lato e ti guardano con occhi sfuggenti: vorrebbero trarti in inganno e giocare ancora una volta alla finta bugia, riassaporare ancora una volta il gusto eccitante di vedere mamma e papà in balia del loro scherzo e poi tuffarsi nello sguardo di riconciliazione finale come in un abbraccio franco e sereno. Vorrebbero, ma poi il peso dei loro quindici anni arriva ad ingabbiarle come in una camicia troppo stretta, e allora la smorfia non ci crede nemmeno lei, non riesce a stare seria e neppure a stare felice, resta lì, piegata da un lato, appesa.

Ma c'è quell'attimo di silenzio che funziona ancora. Anche se l'espressione tradisce un groviglio di pensieri tutto da riconoscere, anche se gli occhi oscillano tra la sfida e la spossatezza di fine pomeriggio d'inverno, l'attimo di silenzio funziona. E io, ogni volta, lo faccio funzionare. Forse ci credo davvero, o forse vorrei solo crederci.
Fatto sta che per quell'attimo di silenzio invertiamo davvero le parti, per quell'attimo di silenzio è lei a tendermi la mano e a farmi vedere un pezzetto del mondo che lei conosce bene, per quell'attimo di silenzio ci vogliamo bene, ed è proprio solo un attimo ma mi accorgo che piace anche a me, a me che nella vita cerco sempre ancoraggi e specchi e a volte li trovo nei luoghi e nelle persone più impensate.

E poi scoppiano nel loro guadagnato ho preso otto e mezzo. E tutto ciò che viene dopo fa parte di nuovo del teatro preimpostato: i miei complimenti, i loro schernirsi, i miei entusiasmi, le loro paure, la mamma che si inserisce per asserire.

Ma è quell'attimo di silenzio prima del tuffo che fa di me e di loro una coppia.

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