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domenica 18 marzo 2012

Sanità

Sono venuta su con un motto paterno molto profondo e molto universale. E anche un po' scurrile, non me ne vogliate, ma più rifletto sulla sua validità più ne ricevo conferme, dunque adesso tirate un sospiro di saspens, tappatevi il naso se vi imbarazzate facilmente, sedetevi saldi e beccatevi il motto paterno, semplice nella sua sapienza come solo gli antichi motti possono essere.

Tromba di culo sanità di corpo.

Ecco l'ho detto.

Ma non è esattamente di ciò che volevo discorrere, in verità, in questo fine serata che sa di pizza e di fritto nella mia cameretta buia con le gambe doloranti; il motto paterno è un po' uno spunto che volevo condividere con voi giusto per sfatare gli ultimi miti ritardatari che fossero rimasti nell'aria su una Tinni per bene con le trecce lunghe e gli occhioni buoni. Il tromba di culo sanità di corpo - ecco che l'ho detto di nuovo e non vi nego che si prova pure un po' di sano piacere primordiale, e anzi ve lo consiglio, ditelo o scrivetelo un paio di volte al giorno dopo i pasti per una settimana e starete meglio, è assicurato - mi serve come spunto perché proprio oggi pensavo che c'è una cosa che sta all'animo esattamente come la suddetta tromba sta al corpo.

C'è una cosa che mi pare indice assoluto e universale dello stato del nostro dentro e inequivocabile segno di buona salute: ed è il sorriso. Non il riso, badate bene, che sa coprire ben bene voragini e cicatrici come una coperta di lana grezza e scura, non il riso, che può arrivare a scuotere l'albero ormai secco per un ultimo sussulto e poi andarsene sbarazzino lasciando il legno marcio ai suoi cigolii. Non il riso, ma il sorriso.


E intendo proprio quel sorriso spontaneo che arriva da non si sa dove, da un profondo ignoto e buio, quando si siede soli con se stessi o si cammina sui propri passi e non si ha davvero nessuna intenzione di sorridere per alcunché, eppure lui sguscia fuori come un frutto maturo dal gheriglio indurito della nostra anima e se ne fotte altamente di tutto ciò che sta lì intorno: preoccupazioni, ritardi, impegni, magoni, rabbiette da quattro soldi e appuntamenti mancati. E' bello come una star, il sorriso, e non puoi proprio fare a meno di perdonargliele tutte, perché è davvero così bello che lascia senza fiato, mentre risale a galla e tira su la testa dall'acqua scuotendosi i capelli come nei film sui bagnini e gli occhi brillano al sole e tutto improvvisamente pare fermarsi per lui. Tutto si ferma, quando il sorriso salta su con la sua beata e bellissima inconsistenza: tutti gli altri si tacciono per qualche istante e il palcoscenico è solo suo e lui fa la sua sfilata tranquillo e cosciente e poi rimane a firmare un paio di autografi e poi se ne torna da dove è venuto, senza troppe arie, ma senza nemmeno troppe concessioni. E tutto riprende come prima, o quasi.

Ci sono i sorrisi che sono belli così perché prendono luce e trucco da quello che c'è fuori; perché rispecchiano una mano inaspettata che saluta quando non pensavi che si ricordasse di te, uno sguardo di amicizia tra due passanti che si ritrovano per caso, un dito infantile che indica un punto in movimento. E sono comunque segno di buona salute, perché se sei riuscito a vederle, quelle cose, significa che non sei affondato ancora fino alla testa nel fango, e gli occhi, almeno quelli, sono fuori e ti salvano, fosse anche per qualche minuto.

Poi ci sono i sorrisi per i sogni futuri, che sono belli di una bellezza sfuggente ed esotica; sorrisi a mezza bocca e l'altra metà è persa sopra ad una nuvola; sorrisi per quello che vorresti che fosse e che forse sarà, o per quello che sai che ti attende, prima o poi. Sorrisi di sanità, comunque, perché fino a quando ci sarà strada, cammineremo, e fino a quando cammineremo, per lo meno non ci annoieremo mai; perché finché esiste qualcosa da cercare, esiste anche chi lo cerca, e siamo vivi, ed è proprio vero - sempre a proposito di motti universali - che la speranza è ultima a morire.

E infine ci sono i sorrisi scemi, quelli che ultimamente amo e custodisco più di tutti gli altri: quelli che sono belli proprio perché hanno un difetto fisico stupido ma affascinante, come le orecchie a sventola su certi visi, o i nei delle presentatrici degli anni sessanta, o i ciuffi di capelli ribelli. Sono i sorrisi impertinenti e strampalati al ricordo di qualcosa di demenziale o assurdo fatto o detto con qualcuno. Quelle tipiche cose che poi se provi a raccontarle ad un altro che non le ha dette o fatte tu ci resti puntualmente malissimo perché quello resta apatico e al massimo ti concede un sorrisetto di tenerezza. E invece a te ti riaccendono puntualmente lo sguardo, anche dopo giorni, anche dopo mesi, a volte. Come quella sera a fine lavoro che suonava il telefono in pizzeria e noi avevamo chiuso da un bel pezzo e quello continuava a insistere trillando e il mio collega ha detto adesso rispondo sì pronto qui è l'obitorio municipale e lo ha detto serio serio e vi giuro che io ancora oggi che sono passati due mesi sorrido al pensiero di quell'espressione e di tutto il contorno di complicità e stanchezza che ci stava intorno. Oppure come le canzoni urlate all'autoradio con le amiche prima della discoteca, o le confidenze eccitate nei bagni dei locali, o i video pseudo comici girati con il cellulare, le chattate ricolme di espressioni in codice o un banalissimo indirizzo inglese annotato su un foglietto di carta ad un orario improbabile della notte di fronte ad una webcam. Tutte cose assurdamente semplici come queste, che sono sì belle quando le fai, ma ancora di più quando le ripensi, ed è allora che il sorriso scemo ti si incolla alla faccia in una maniera imbarazzantemente pervasiva e, ancora una volta, è un buon segno, perché significa che ci sono fili che ti legano e finché ci saranno quei fili, difficilmente cadrai a terra stramazzando.

Non è molto, ne convengo; e spesso occupa nella giornata un tempo effimero e volatile simile a quello che occupa la tromba di cui sopra (ed ecco che in due parole ho demolito tutto il castello di poeticità costruito negli ultimi paragrafi ma che volete farci, quando esco dalla pizzeria ho sempre la scurrilità a portata di mano), però è un'analisi del sangue affidabile, un esame sicuro e indolore, e ritrovarsi lì, con un referto certo e positivo tra le mani, è pur sempre una bella soddisfazione.

E dunque buoni sorrisi a tutti.

3 commenti:

  1. Cara Tinni,

    grazie per questo pensiero sorridente, per il sorriso che traspare birichino anche se sopra due gambe stanche per il lavoro in piedi ed anche se di notte scura dopo la chiusura del locale.

    Ti scrive una persona che ha ancora stampato sul viso lo stesso sorriso di quando era bambino, di quando ragazzetto di scuola elementare se ne stava bello diritto impettito di fronte alla macchina fotografica con treppiede nella sua classe, per la foto ricordo di rito.

    La stessa foto ricordo che ho messo come bandierina mia personale nel mio blog di riferimento; per non parlare di un altro mio blog più antico intitolato, guarda un pò, "tutto in un sorriso".

    Un sorriso lieve, riservato, intimo, un collegamento con il mondo invisibile ma ancora di più per questo vitale e fondativo.

    Buona domenica a te. Ciao.

    Marco

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  2. Non so riesco a vivere sereno, dopo che hai paragonato il sorriso a una scoreggia... ;)

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  3. Il tuo motto paterno è sempre stato il preferito di mio nonno.

    Niculet

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