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martedì 17 aprile 2018

El Dora(n)do

(sto in fissa con la parentesizzazione delle nasali e, no, non è un fenomeno fonetico del manuale di glottologia I)

Dorando Pietri è stato un maratoneta italiano nato a fine Ottocento ed è rimasto negli annali della storia dello sport per una discussa squalifica al termine della maratona dei giochi olimpici di Londra: lui è arrivato primo, ma, vedendolo malfermo sulle gambe, qualcuno (leggo ora da Wikipedia: dei giudici di gara?!) lo ha con prontezza sorretto, causandogli così l'annullamento di quell'epico risultato.

da wikipedia: l'arrivo al traguardo

Io dell'esistenza e ancor meno della beffarda squalifica di Dorando non sapevo nulla prima del Settembre 2017, un mese solenne di traguardi - non squalificabili, per ora! - che mi ha sorretto, nel pieno rispetto delle norme, mentre la città (quasi) natale di Pietri mi accoglieva in seno alla sua comunità di indefessi lavoratori. E' stato mio padre a raccontarmi la sua storia, quando, perplessa, gli ho riferito che all'entrata della città una discutibile rotatoria (sì, sempre loro, quelle che i Carpigiani non sanno usare: ma questa è un'altra storia) vantava sul suo cocuzzolo una statua bronzea di un tizio in braghette rosse.

La statua è bruttina assai, devo ammetterlo, e tale rimane anche a fronte della memorabile vicenda di Dorando, che, dal canto suo, mi è subito sembrato piuttosto tinnico. Non credo vada molto d'accordo con il sexy-toys-shop che ci hanno costruito proprio lì attaccato, né tantomeno con i malmessi palazzacci che circondano il crocevia, degni dei più malfamati quartieri del profondo est Europa (evocato anche dalla vicina via Lenin); però credo che di tanto in tanto intavoli semplici ma essenziali riflessioni con l'attiguo Doctor glass, con cui me lo immagino discutere del lato pratico della vita, e della fragilità di tutto ciò che appare spesso erroneamente solido.

Quello che però mi ha stupito più di ogni altra cosa, al di là dei rovesci di fortuna sportivi e delle patriottiche rievocazioni degli eroi locali, è stato lo scoprire, proprio stamattina, che l'aiuola sottostante a quella effigie un po' stentata non conteneva solo terra riarsa né semplici e banali sassolini: oggi da quella terra riarsa sono nati (spontaneamente? Secondo me ce li ha piantati lui, Dorandino, ora che è in pensione e ha tanto tempo a disposizione) fasci e fasci di umili fiorellini gialli.

Ora Dorando corre su un prato fiorito.


Se solo potessimo cambiare scenario, anche solo parzialmente, ogni due o tre anni della nostra vita, e magari di autunno: la strada verso il lavoro, il panorama dalla finestra di cucina, la conformazione delle scale di casa, la vista dalla scrivania della sala insegnanti; anche solo uno di questi basterebbe. Quante novità inattese ci porterebbe la primavera, come se fosse la prima dopo secoli: aiuole colorate dove non credevamo ci fosse altro che pietra, raggi di sole che arrivano in punti insperati della libreria, chiome vivaci che coprono pudicamente squallidi muri, tratti di asfalto mai prima illuminati dall'alba.

Oggi annoto il prato fiorito di Dorando, senza mancare di ringraziarlo ufficialmente, perché temo che l'anno prossimo, quando già saprò, quel giallo semplice ma onesto passerà sulle mie retine in modo molto meno effettivo, e il suo calore sarà già un ricordo.

Non mi resta che cambiare occhiali.

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