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giovedì 19 aprile 2018

Tromba

Per almeno venti volte ho forzatamente riprodotto la stessa traccia musicale, ieri, sull'autoradio della panda, fino a perdere la nozione dei confini tra quella musica e i piccolissimi martelletti che la riproducevano beati all'interno della mia cavità timpanica.
Era un bel po' di tempo che non mi accadeva, con un brano musicale, almeno dai tempi di questo, che, riverberandosi da un retrobottega di pizzeria, aveva deciso per un breve periodo di invadere le quattro pareti di casa ogni volta che la polvere gridava vendetta dagli angoli, e i pavimenti imploravano pietà. Ascoltavo a ripetizione quella stupida canzone di Mika, quando dovevo pulire, per riceverne le giuste energie, e non intendo sconvolgervi o disgustarvi oltre con i miei gusti da forever sedicenne. Mi è capitato anche con brani di ben altra levatura, comunque, e in particolare, dalle cuffiette di un mp3 non più mio, alle volte con questa, che trovo di una bellezza semplice eppure pungente.

Cos'hanno in comune tre pezzi del genere, riprodotti da altrettanti strumenti, in contesti lontani - su un'auto, con un mocho in mano e una mascherina antipolvere sul viso, o tra i passi lenti e le corse veloci di un asfalto mille volte battuto?

Solo ieri me ne sono resa con con certezza.


La tromba. Hanno in comune la tromba.


Lo so, lo so. Quella dei Beatles non è una tromba ma un corno francese (link alla pagina facebook degli specifici fan). Non so neppure se si tratti esattamente di trombe anche negli altri due brani. Sono una ciofeca musicale, io (lo avrete capito anche da soli), ma volevo ritagliarmi questo spazietto digitale e non purpureo per dire al mondo - e a me stessa - che a me piacciono le canzoni in cui, ad un certo momento, di lato allo scorrere fluido di una melodia (frivola, spumeggiante, amarognola: non conta), fa capolino uno strumento a fiato che, conteggiando rigidamente i tratti di silenzio a lui concessi, ricama punto dopo punto un messaggio cifrato ma scandito, per poi ritirarsi, con dignità, dietro al sipario frusciante delle altre note, di nuovo fluide e continue.

Ah, se anche la vita contenesse, di tanto in tanto, messaggi altrettanto dettati, contrappunti sillabati, piccoli spazi di note divise, semplici, argentine. Non solo sciolti brandelli di pensieri ed incombenze, non solamente grovigli bellissimi e dolorosi di se e ma, di hai pensato a cosa accadrebbe, di immagina che, di forse però.
E invece no. La vita è come una canzone senza tromba - mi dicevo ieri al ritorno da una sfilacciata riunione del gruppo lettere, ed ecco perché amo tanto quei pezzettini di musica staccata; ma la canzone con la tromba, smentendomi, mi strappava da quel confortante e confuso autocompiacimento malinconico per mostrarmi, al bordo della strada, mucchi apparentemente indistinti di fili d'erba e spighe selvatiche che danzavano al ritmo del vento - fuori - e della tromba - dentro l'abitacolo, e dirmi: che cosa credi? che il vento non accarezzi separatamente e distintamente tutte quelle spighe una ad una, con una successione impercettibile ma divisa di carezze? 
E se tutte insieme, le spighe, volteggiano quasi ad una voce, è perché il vento è molto bravo e molto veloce, e assomma le sue note di tromba silente una vicinissima all'altra, ma senza mai fonderle del tutto.

E' come quando tu pensi ad una classe - continuava a sillabarmi la canzone con la tromba, sapientemente riavvolta per decifrare meglio il messaggio - e nel cuore provi tantissimo amore per lei. Forse che l'amore non è soffiato, volto per volto, ciascuno con la sua nota diversa, sul capo di ciascuno di quei ventotto individui chini sul loro foglio?

Da domani, mi sono detta spegnendo definitivamente l'autoradio all'arrivo, voglio provare a parlare così: parola dopo parola, semplici verità una distinta dall'altra, piccoli soffi di suono degni ciascuno di un attimo di silenzio prima e dopo, a cucire insieme un messaggio squillante e sicuro.

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