MOLTEPLICI INIZI.


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interculturalità - scuola - letture - frivolezze - risparmio - poesia - creatività - viaggi - pande - giardinaggio ... e bizzarrie varie.

lunedì 1 aprile 2019

Educazione edile

Tinni andava al liceo e un giorno, proprio in questo stesso periodo dell'anno, così foriero di foglioline e nuove consapevolezze, ha aperto gli occhi e ha capito che di mestiere voleva fare quella che costruisce il sapere. Negli altri, però, soprattutto: voleva accumulare mattone dopo mattone all'interno di sé, prima, e poi in particolare dedicarsi anima e corpo ad erigere piccolissime cattedrali di cultura nelle vite di chi si sarebbe seduto al di là della cattedra.
Insomma, lo avete capito anche fuor di metafora: Tinni ha scoperto - ed era primavera, ne sono certa - che voleva diventare insegnante.
E così è stato. Mucchietto dopo mucchietto: calce; cazzuola. La laurea appesa sulla porta del suo nuovo edificio interiore - e poi l'abilitazione, sul retro, nel caso qualcuno volesse entrare da lì - hanno dato agibilità al palazzo e da quella via - così almeno pensava - sarebbe uscita ogni mattina, diligente sulla sua panda nuova, per aiutare nuovi operai a costruire case così.

Costruire case di sapere. Nozioni, idee, collegamenti, poesie, declinazioni. La sua carriola era piena di oggetti e di cultura e per qualche mese il solco dei suoi passi, dentro e fuori dai cantieri, è stato l'unico via vai di giornate colme di prime volte.
Poi però.
Poi però è accaduto che, al bussare quotidiano sulla porta del cantiere di un alunno, una mattina, si è sentita rispondere che no, quel giorno non si sarebbe lavorato. Il muro di un'altra casa, nella classe a fianco, era stato nottetempo abbattuto (qualche sabotatore di passaggio?) e quindi non le sarebbe stato possibile sistemare il nuovo vagone di mattoni in arrivo.
Qualche settimana passava indenne - apparentemente - e poi di nuovo nuovi inghippi. Qualche operaio piangeva (come dici? il vicino ti ruba la malta? non riuscite proprio a condividerla?), qualche altro inveiva; un gruppetto, verso il fondo della classe, si stringeva impaurito di fronte alla prima prova di tenuta delle mura: un grosso temporale in avvicinamento. Altri ancora fermavano di continuo il lavoro affermando che loro, di cemento, ne avevano già la casa piena - sotto forma di lacrime solidificate - e non ne avrebbero accolto un etto di più.
Cominciavano, di lì a poco, anche le prime telefonate degli appaltatori. A che punto siamo coi lavori? - chiedeva il Comune. I miei operai si comportano bene, vero? - miagolavano i referenti delle diverse squadre.
Tinni si fermava, spaesata ed ansante, al bordo delle vacanze di Pasqua: che fare? Continuare imperterrita con carriola e panda, ogni mattina, a dispetto di intralci e scoppi di pianto?

No, si diceva appoggiando gentile la carriola al muro di cinta del suo giardino e preferendole una fetta di colomba pasquale: forse non avevo poi del tutto capito. Insegnare - sillabava silenziosa dentro di sé - non dev'essere tanto costruire, ma piuttosto riparare.
Risultati immagini per nastro adesivo
E allora al macero i sacchi di cemento in polvere, in soffitta cazzuole e martelli: si riparte da qui, da colla e nastro adesivo.
I piccoli strappi quotidiani ha imparato a ricucirli in poche settimane: delusioni per un voto al di sotto delle aspettative, noia, ansia dell'incontro con quel volto all'intervallo, fame, incapacità di star fermi. Ogni operaio finalmente apriva la porta del suo cantiere ad una Tinni senza più planimetrie e livelle tra le mani, e lasciava entrare il nuovo vento della fiducia.
Posso abbracciarla, prof? Chiedeva qualcuno a fine anno, e concedendo parca il privilegio la nostra insegnante-riparatrice si sentiva risolta ed importante.
Capitava, certo, ogni tanto, anche qualche voragine più dura da riempire: nostalgie ataviche, paura di se stessi, mamme di troppo, mali oscuri che divorano la fame. Ma Tinni non si lasciava scoraggiare: era sicura che a suon di amore e citazioni avrebbe trovato, ancora una volta, un ago ed un filo sufficientemente potenti.
Qualche volta gli operai si presentano in coro, a piangere per una settimana più dura delle altre, o per una verifica di punizione troppo severa, e chiedono al loro capo cantiere di intercedere presso altri esseri umani; in quei casi occorre togliersi le scarpe anti-infortunistiche, indossare pantofole di velluto e avvicinarsi al collega di traverso, senza colpire, brandendo il bene come unica spada.
Di tanto in tanto anche un papà o una mamma depongono gli abiti dei capisquadra e invece di domandare ansiosi se devono spedire il figlio a ripetizioni di latino propongono a Tinni che gli ricucia l'orlo dei loro pantaloni.
Vado bene così? Chiedono insomma adolescenti e adulti ogni giorno a Tinni, dalle sette e trenta di mattina fino alle tredici e dieci, e lei, imperterrita, risponde di sì in tutte le lingue che sa.

Poi però.
(continua)



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