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mercoledì 27 ottobre 2010

Avventure di una Nordica qualunque sbarcata a Roma - Alias "O t'encazzi o te fai 'na risata"

Metti che vi capiti di dover andare a Roma e restarvi qualche giorno, per motivi di lavoro non meglio definiti.
Salireste sul treno a Bologna, per dire, vestiti con gli abiti consoni per quella stagione, poniamo un autunnale cappotto, sotto una camicetta elegante, con calze velate e una sciarpetta di lana; e, scendendo dal treno a Termini, pensereste forse in un primo tempo di essere giunti a Tunisi, per sbaglio, o che la stazione possieda un impianto di riscaldamento. Nulla di tutto ciò, ovviamente. Le prime gocce di sudore cominceranno a scendere dalle vostre ascelle.
Metti che abbiate con voi, come normale, un trolley non leggerissimo da portare. Avreste magari come meta - fortunelli! - un luogo raggiungibile tramite la metropolitana, e quindi vi dirigereste con il vostro amato trolley e con tutta la classe di una donna-in-viaggio-di-lavoro-come-nei-film verso l'indicazione METROB. Scoprireste allora che dovete affrontare ben DUE rampe di scale con gradini alti nonché zozzi che non sono sostituibili né con l'uso di scale mobili né con ascensori. Altre goccerelle di sudore prenderanno d'assalto la vostra camicetta di donna-in-viaggio-di-lavoro-figa-come-nei-film mentre trasportate fate ruzzolare giù dalle scale il vostro apprezzabile trolley.
In giornata potrebbe essere previsto un piccolo sciopero dei mezzi: la metropolitana tarderebbe quindi circa 10 minuti prima di arrivare, e voi vi trovereste schiacciati tra la massa di persone che scendono a Termini e la massa di persone che salgono a Termini. Occhio che tra banchina e il vagone c'è un buco sufficientemente grande ad inghiottire il vostro discreto trolley. Nell'agevole viaggio in metropolitana certo non potreste aspirare ad uno degli ambitissimi 4 posti a sedere, e stareste per incazzarvi con il mondo e con i Romani, se non capitaste vicino ad un buon uomo rubicondo che vi aprostroferebbe, vedendovi prossimi al tracollo, con un serio-comico ah signorì, dateme mpo' qua sta bborsa, che vi aiuto io, ve vedo mpo' pregaria.... La simpatia dello sconosciuto rimanderebbe così il broncio da dove era venuto.
Metti che vi capiti di uscire, finalmente, alla luce del sole e di accorgervi che, oplà, il sole tropicale non c'è più; è arrivata una grossa nuvola. Meglio così. Il luogo dove siete attesi non può, matematicamente, trovarsi proprio subito fuori dall'uscita della metro. Dovrete fare solo 500 metri a piedi: che problema ci sarà mai? La strada che vi porta all'indirizzo previsto, però, non è come le strade di Bologna e della maggioranza della città del mondo: ha infatti una pendenza circa del 10 per cento. In salita, ovviamente. La macchia di sudore sulla vostra camicetta si allargherà ancora di qualche centimetro, mentre vi tirate dietro il vostro scomodino troller.
Metti quindi che riusciate ad arrivare nel luogo stabilito, semplicemente un po' sudatini, e di fare quello che dovete fare. Al termine dell'impegno, vi toccherà uscire e, oplà, potrebbe essere cominciato uno dei tipici, brevi, intensi, fulminei acquazzoni romani. Non avrete con voi l'ombrello: chi lo avrebbe potuto prevedere, viste le temperature messicane della mattina stessa? E, no, non ci saranno gli amati portici a proteggervi. Converrà quindi che vi rifugiate nel primo bar aperto e attendiate la fine del diluvio. All'interno del locale, riscaldato come se si fosse in alta montagna perché i Romani appena vengono due gocce cominciano a dire ahrimortacci tua, st'inverno fa n freddo laziale, oh, anvedi sta pioggia ecc ecc, risentirete bussare nuove goccioline di sudore alla porta della camicetta e starete nuovamente per sbottare in una litania di improperi, quando il barista del luogo, intenerito, non pronuncerebbe un ah signorì, 'ndo vai con tutte ste 'bborse, famo che te offro 'n caffè, che me fai strign'er core. E ancora una volta il sorriso vi si dipingerebbe sulle labbra, nonostante tutto.
Al termine dello scroscio uscireste quindi grati dal bar e vi dirigereste verso la più prossima fermata dell'autobus, ché - meno fortunelli! - il luogo dove pernottate si raggiunge con l'autobus numero 94. Alla fermata del bus non c'è scritto quanto manca al prossimo passaggio del 94 - ma che pretendi, Nordica, che sia tutto ma proprio tutto come nelle più efficenti zone dell'Emilia? Adattati un po', suvvia! - ma,ops, non ci sono nemmeno orari affissi, quindi il vostro autobus potrebbe, teoricamente, passare anche di lì ad un'ora (un esemplare di adolescente del luogo vi potrebbe suggerire, ad una vostra richiesta in proposito, di stare scialli). Dopo un'attesa di una ventina di minuti il 94 farà capolino dalla collinetta di fronte: eureka!

(...continua nella prossima puntata)

2 commenti:

  1. Beh, consolati: nell'evolutissima e bellissima Parigi certe fermate della metro non hanno né ascensori, né scale mobili (e in più hanno gli odiosi doppi tornelli: una volta mi ci sono incastrata col trolley che credevo che sarei morta lì di fame); le strade non hanno portici (e spesso sono in salita), e piove più che a Roma; se i francesi si incazzano fanno uno sciopero cinquantennale tutti uniti che nemmeno le mosche volano, la RER all'ora di punta è come una scatola di sardine... e nessuno ti avrebbe mai offerto un caffé! :-)

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  2. si, mia cara, lo so, eccome! Ed era proprio questo che volevo mettere in luce, di Roma (anche se ieri ero un po' giù di corda nella scrittura del post): il fatto che sia piena di disagi ma che tu riesca sempre a riderci su, dato il calore della gente che a tratti ti fa vedere tutto in chiave tragi-comica!

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