MOLTEPLICI INIZI.


A proposito di:

interculturalità - scuola - letture - frivolezze - risparmio - poesia - creatività - viaggi - pande - giardinaggio ... e bizzarrie varie.

martedì 7 giugno 2011

Acquisti compulsivi

Qualche tempo fa ho letto questo post dello Scorfano e mi ci sono molto ritrovata. Non perché io abbia una così bella vista dal mio terrazzo né perché sia solita girare la sedia verso il muro quando leggo, ma perché mi ha fatto venire in mente, per un'associazione che sul momento ho trovato bislacca, uno status di FB che avevo scritto un bel po' di mesi fa e che però mi ricordo ancora perché aveva suscitato molto apprezzamento. (e ha ragione Campanellino quando parla di quotazioni - ma non di borsa - : l'ebbrezza che ti danno i mi piace sotto ad una qualche idea presuntamente geniale è paragonabile solo a quella di beccare l'ultimo Velib' disponibile rubandolo al malvagio Normalien di turno: si, ok, adesso però la pianto col Velib)
Questo status, insomma, non era in realtà uno status bensì un sondaggio, che ora riciclo qui (che è un bel po' che non ve ne sciroppate uno, eh?), e diceva più o meno così: ma voi, quando comprate qualcosa di nuovo, lo indossate/usate subito o aspettate un po'?
E le risposte divertite delle mie amiche variavano dal terribile "io a volte lo indosso già dal negozio (mi vengono i brividi solo a pensarci)" al più malleabile "dipende se mi serve in quei giorni immediati o no" fino all'autoironico "spesso se compro ai saldi e tempo che arriva la stagione giusta prendo qualche chilo, col cavolo che poi lo posso indossare!"

Ma quasi nessuno rispondeva come avrei risposto io, ovvero normalmente lo lascio nell'armadio almeno tre, quattro settimane prima di poter concepire anche solo lontanamente l'idea di metterlo.
Eh sì, perché Tinni ha questa mania ossessivo-compulsiva (oltre a quella di portare la sciarpa anche con 40 gradi, a quella di toccarsi la frangia di continuo, a quella di addormentarsi a 27 anni suonati tenendo per mano una scimmietta (no, non intendo il mio moroso), a quella di sbucciare le banane al contrario, a quella di conservare i biglietti di ingresso dei musei e attaccarli al muro, a quella di soffiare il gelato dentro al cono finché non arriva nella punta in fondo, a quella di scrivere le proprie manie ossessivo-compulsive su un blog di dominio pubblico e molte altre), insomma, dicevo, Tinni è così affascinata dalla sensazione di completezza, potere, ricchezza, e dominio che ti assale quando compri qualcosa che - dal momento che non si può permettere, per evidenti ragioni di budget, di provarla più e più volte consecutivamente nell'arco di poco tempo - allora la procrastina scientificamente. Ovvero, tiene la cosa nell'armadio, e - passando e ripassando per quell'anta rigorosamente lasciata aperta - ogni volta che la guarda è ancora, per un attimo, dentro al negozio, con tanto di commessa che ti ignora (quanto vorrei fare shopping nei negozi dove la commessa è lì per te e ti consiglia e ti veste e ti sveste e ti coccola....ma l'unica volta che ho sudatamente acquistato in un negozio che per prezzi poteva avvicinarsi a questa categoria, la commessa comunque non mi ha cagato di pezza), con la carta bancomat che sembra farti un gesto dalla tasca ("sì, dai"), con la coda ai camerini, con lo specchio illusorio, insomma, le sembra ancora di avere il sacchetto con il nome della marca tra le mani, e di farlo sbatacchiare apposta tra un passo e l'altro, e di girare per la città così, ignara di come le starà davvero addosso quello straccetto ma proprio per questo felice.
Chissà, magari un giorno ammattirà così tanto che manco li indosserà più, i vestiti nuovi: li terrà sempre e solo nell'armadio, e nella vita vera (?) indosserà solo vecchie tute sdrucite. Mi piace immaginarla così, Tinni, fra cinquant'anni.

Pensate addirittura che sono sette giorni e dico sette che si porta dentro lo zaino un sacchetto di Gibert (nota catena di papeterie francese) pieno di cartelline, cazzatine, astuccini e righellini che ha comprato quando era in giro con Campanella ma che non vuole ancora mettere del tutto "in uso", non vuole ancora 'spianare', non vuole ancora 'deflagrare'  e quindi continua a tenerli nello zaino, dicendo si si domani poi apro il sacchetto e metto nella cartellina quel che devo metterci ma poi pensa no, ancora un giorno, e poi un altro aspettiamo un po', forse domani è il giorno giusto.



Insomma, questa è Tinni. Però - pensavo leggendo il post dello Scorfano di cui sopra - tutto ciò non è poi così diverso dal girare la sedia dalla parte del muro: è un po' come tenersi la propria felicità dietro alla spalle, sapendo che c'è, come un pacchettino di caramelle, come il fagotto di Calimero, in modo che lungo il cammino, rivolto in avanti, non ti ingombri o ti distragga troppo.

10 commenti:

  1. Premettendo che anch'io sbuccio le banane al contrario (che poi in realtà è il verso giusto, perché anche le scimmie le sbucciano così), indosso la sciarpa con 40 gradi e mi trastullo la frangia (ma detesto le commesse che danno consigli), direi che questo post è una delle tue migliori perle: fine analisi psicologica del procastinamento scientifico di un piacere già certo, trattato con la solita leggerezza del tuo meraviglioso eloquio. Ok, ho finito con i complimenti. Ciao. Campanella

    RispondiElimina
  2. Innanzitutto: w le scimmie.
    Secondotutto: smettila con queste sviolinate e preparati a ricevere una mail CUCCIOLa.

    RispondiElimina
  3. Intanto, quella del verso per cui si sbucciano le banane è una crociata che ho combattuto già litigando con la buon'anima di mio nonno. La parte giusta da cui sbucciare le banane è quella dove sta il PICCIOLO della banana. Anche mio nonno opponeva l'argomentazione delle scimmie, ma vorrei far notare che non tutti i primati hanno il pollice opponibile, e quindi è più semplice afferrare il picciolo della banana, in quel caso, no?

    Secchionaggine spocchiosa a parte, :-), io ho lo stesso tipo di mania con i libri. Quando compro i libri, è raro che li legga subito. Li voglio lasciare lì a "decantare" un po', come il vino, non voglio bermi subito tutta la storia: se è bella, dopo il piacere finisce in un attimo, se è brutta mi vien la rabbia che ho speso i soldi per una storia di merda (sì, ci sono le biblioteche, ma non è lo stesso, e comunque non sono MAI aperte quando io ho bisogno di un libro). Inutile dire che poi mi dimentico perfino di aver acquistato un libro, e quando lo ritrovo è bellissima la sensazione di quando scopri di avere una cosa che non pensavi di possedere! :-)

    RispondiElimina
  4. Ecco, vedete? Ipazia è la versione colta e non superficiale di Tinni: l'una compra libri, l'altra i libri li prende in biblioteca e getta i suoi soldi per cartolerie e vestiti! ;)
    Comunque, scherzi a parte, sono felice di constatare che le manie dilagano nella blogosfera!

    RispondiElimina
  5. Inutile dirti che io suscito sempre la meraviglia di chi mi sta vicino (l'unica che resiste) perché tengo la roba nuova nell'armadio per almeno due o tre settimane dopo averla comprata. E' così che mi sento felice...

    RispondiElimina
  6. che bello: ma allora le affinità elettive esistono! Immaginatevi che figata un mondo di Ipazie, Tinni e Scorfani che si mettono d'accordo per scambiarsi le cose in un circolo virtuoso in cui, appena una cosa che hai comprato non è più nuova e hai perso la magia, la regali all'altro che proverà per qualche settimana l'ebbrezza e poi ri-regalerà ancora a sua volta. Certo, l'economia stagnerebbe non poco...

    RispondiElimina
  7. Io sto aspettando il tuo vestito, sappilo.

    RispondiElimina
  8. Ecco, io invece, se non mi vergognassi, le cose che compro le indosserei già nel negozio. E' che temo troppo le commesse, e i loro sguardi di disapprovazione...

    RispondiElimina
  9. Ti prego Gliuommero non dire bestialità del genere che mi si accappona la pelle al solo leggerle.....INDOSSARE UNA COSA NEL NEGOZIO....omioddio è quasi peggio che scrivere con i gessi interi alla lavagna che cigolano.....
    eheheh ;)

    RispondiElimina