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domenica 4 dicembre 2011

Incollare ricordi

Quando sono stata a Parigi nel freddo inverno duemilaedieci mi capitava spesso di rientrare a tarda sera avviluppata nell'atmosfera buona e ovattata degli autobus vicini al capolinea quando fuori è buio; che a bordo ci sei solo tu e pochi altri intimi, ti raggomitoli nella tua stanchezza dolceamara, scendi un po' con il sedere nel seggiolino e poi butti il tuo sguardo al là fuori, lungo avenue General Leclerc. Ed è stato proprio lungo i miei ritorni attraverso avenue General Leclerc, con il suo nome gallicamente altisonante e le sue banche sorridenti e i suoi negozi impeccabili, che ho visto per la prima volta il senza tetto che aveva fatto della rientranza all'ingresso di ZARA kids la sua dimora.

Lui, che - come ho imparato in seguito facendo attenzione lungo il percorso a ritroso compiuto a piedi, la mattina, nell'aria sferzata che sapeva di ghiaccio - ad ogni apertura del negozio si levava in piedi diritto, raccoglieva il mucchietto delle sue cose, salutava con un cenno la commessa che arrivava trafelata con il grande mazzo di chiavi per la saracinesca, e poi andava a posare la sua sporta ben ordinata in una sorta di incavo che la pietra della stazione della metro Denfert Rochereau rendeva simile ad un ripiano dell'ikea.
E poi cominciava, anche lui, come la commessa trafelata, come la sottoscritta infreddolita, la sua giornata di essere umano. 


E c'è stata una sera, una sera specifica di cui pensavo di aver smarrito il ricordo, in cui, dall'autobus illuminato, l'ho visto, ed era sdraiato nel suo sacco a pelo davanti all'ingresso di Zara kids, leggermente appoggiato sui gomiti, con in una mano una piccola torcia elettrica e nell'altra un libro.

Leggeva prima di addormentarsi.


E pareva davvero che in fondo non mancasse nient'altro, a quell'uomo concentrato sulle sue pagine, mentre il sonno faceva capolino alle sue palpebre ma ancora non così prepotentemente da poter essere lasciato entrare. Aveva il suo libro, la sua Parigi, la sua lucetta per leggere.

E quella sera di cui pensavo veramente di aver smarrito il ricordo, quel fotogramma parigino che giaceva ripiegato nel fondo del mio armadio, mi sono tornati in mente giusto ieri, in uno di quegli istanti memorabili in cui si riesce, una volta tanto, ad esclamare ecco! e ad esserne pure un po' fieri. Mi sono tornati alla mente, anzi mi hanno quasi investito di prepotenza, mentre salivo al Quirinale sotto un cielo romano impareggiabile di un sabato mattina regalato. Mentre giravo su me stessa lì sotto ai Dioscuri e avevo le vertigini per tutta quella pienezza e quella brillantezza e quella solitudine (quasi) senza turisti. E soprattutto mentre eleggevo il giardino del Quirinale a mio posto preferito di sempre e mi sedevo su una panchina al sole, con i raggi che filtravano dalle foglie autunnali degli alberi trionfanti che proprio non pareva volessero rendersi conto che era il due dicembre e appoggiavo accanto a me la solita borsa da profuga ripiena della mia casa ambulante di tartaruga e tiravo fuori il mio Rilke e per un attimo tutto era assolutamente al suo posto.

E ci sarebbero stati mille motivi, in verità, per cui le cose potevano non essere al loro posto, ma mi rendevo conto che, almeno finché non fossero venute le dieci e mezza e non mi fossi dovuta alzare per dirigermi verso Termini, ecco, almeno fino a quel momento, non mi sarebbe mancato nient'altro: avevo il mio libro, la mia Roma, il mio sole per leggere.



3 commenti:

  1. Mi fa piacere leggere di un tuo stato di beatitudine davanti al sole di Roma ed immersa nei giardini del Quirinale.

    Quanto meno per la soddisfazione che dai ai romani che sornioni fanno finta di non vedere le bellezze in mezzo alle quali sono abituati a passare trafelati con i loro mezzi di spostamento (meglio se scooter).

    Purtroppo la piaga d'Egitto delle orde fameliche di turisti da ogni dove non si placa durante l'arco dell'anno intero.

    Croce e delizia della città eterna.

    Alla prossima volta. Salutoni da un romano de' Roma.

    Marco

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  2. E io che mi aspettavo nelle tue mani un Fabio Volo... '-)
    ilcomizietto

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  3. Ma è solo perché Rilke è più tascabile e pesa meno da portare in borsa...;)

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