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martedì 31 gennaio 2012

Gesti, ancora


Senza contare tutti quei gesti altrui che, in un istante e per un istante, mi fanno innamorare degli altri.

Come quando una ragazza si spalma la crema sulle mani affusolate accanto a me nel treno e lo fa con una nobiltà accurata che si sposa alla perfezione con l’odore di agrumi della crema e con la pigra luce dell’alba che avanza dal finestrino.

O come quando un padre si prende il figlio sulle spalle con gesto deciso e sicuro e mentre il fagottino, dall’alto, ride incredulo, lui gli tiene i piedi sgambettanti con le mani e sembra afferrare e stringere la felicità.

Mi innamoro sempre anche del modo che hanno le donne incinte di sostenere la pancia con una mano e la schiena con l’altra, in una fatica docile che le rende singolari, le rende luminose in mezzo al grigio dell’umanità.

E di come il mio principale sparge la mozzarella sulle pizze ancora crude, dopo averla raccolta raschiandola dalla cassetta bianca, con le mani a coppa, prima ai bordi e poi all’interno, e tutto risulta così armonico e ben distribuito e ogni centimetro di gesto è esattamente dove dovrebbe essere. E ancora, pochi istanti dopo, mi innamoro di come il mio collega che sta al forno infila la pizza sulla pala, con un movimento tutto speciale che hanno provato a far fare anche a me (con risultati prevedibilmente disastrosi) e che è di spinta e poi di richiamo, e ricorda un corteggiamento spavaldo, una danza veloce d’intese, e poi via nel forno, avanti la prossima vittima.

Mi innamoro, alle volte, di come certe figure si mettono i capelli dietro alle orecchie, o di come tengono la sigaretta in mano, fuori da un locale, o ancora di come intingono i biscotti nel latte. Mi innamoro, tantissimo, di come le coppie si tengono le mani e del tocco leggero di chi accarezza qualcuno che dorme, per sentirlo senza svegliarlo.

Mi innamoro e poi provo sempre a rifare io stessa gli stessi gesti, e non mi vengono mai uguali e ci rimango anche un po’ male, di solito. Ma pazienza. 

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