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mercoledì 29 febbraio 2012

Vicini e Diversi

Ieri mattina mi sono svegliata sotto il cielo spiegato e brillante di Roma. Mi sono svegliata sotto un cielo così azzurro che pareva sfidarti e la prima boccata d'aria a finestra aperta è stata pulviscolosa e brulicante e chiassosa e scanzonata come solo l'aria di Roma sa essere.
Ieri mattina mi sono svegliata sotto il cielo impavido di Roma e alle cinque di pomeriggio ero di ritorno a Castelvetro, stipata sulla suburbana dei pendolari, con la punto rossa che mi aspettava alla stazione; ma il cielo era azzurro anche lì. Il cielo, ieri pomeriggio alle cinque, sfrecciava dietro il finestrino del treno traballante ed aveva lo stesso azzurro felice e lo stesso piglio indipendente del cielo di Roma, solo che l'aria era mite e paciosa e morbida e avvolgente come solo l'aria di un paese di campagna sa essere.

Ieri notte sono stata ospite coccolata di una coppia di amici speciali: una coppia di amici che più diversi di così non potrebbero essere. L'uno imprevedibile e sanguigno, l'altro zelante e tranquillo; l'uno fuoco e l'altro terra: diversi in tutto tranne che in una cosa, e proprio per questo bellissimi.

Questa coppia di innamorati diversi in tutto tranne che in una cosa aveva, in casa, a sua volta, una coppia di gatti maschi gemelli uguali in ogni centimetro di pelo tranne che in una virgola bianca sul muso; due gatti enormi e umani; due gatti intelligenti e con lo sguardo filosofico; identici nel pelo e nel corpo, nel giorno di nascita e nel colore degli occhi, ma del tutto opposti per indole e passioni, per carattere e approccio, tanto che uno ha passato l'intera serata sulle mie ginocchia, e l'altro non mi ha neppure degnato di una levata di sopracciglio.

Belli e opposti. Tanto da amare uno proprio in virtù dell'altro; tanto da scoprire il primo grazie al vuoto del secondo.

E mentre ripensavo a questa piacevole convergenza di diversità speciali, ieri pomeriggio stipata sulla suburbana dei pendolari, mi è tornato alla mente un ricordo d'infanzia. Di quando - avrò avuto sì e no sette anni - mio padre, in un gesto del tutto insolito per la mia tradizione familiare, preparò e redasse con cura un biglietto di auguri di Natale per ciascuna delle famiglie di amici più intime, da spedire per posta.
Il biglietto recava su una pagina l'immagine stilizzata di due alberi, l'uno con una forma gentile e allungata, silenzioso nella sua eretta nobiltà, e l'altro spiegato in un abbraccio tondeggiante, ridente e spensierato. Nella pagina a fianco, invece, con la biro nera, mio padre aveva scritto solo Vicini e Diversi. Buon Natale. E sotto le nostre tre firme.




E, nell'immagine di questo ricordo nitido nonostante il tempo accumulatosi, posso percepire ancora oggi e quasi toccare l'incredibile e confusa fierezza della Tinni bambina, nel comporre, concentrata e compunta, il suo nome sotto a quella buffa frase così inattesa. La fierezza di sentire, da qualche parte di un cuore che sarebbe diventato quello di una donna solo di lì a molti anni - e a molte lacrime e a molte risate - che quel biglietto aveva in sé qualcosa di speciale e prezioso che non si sarebbe potuto trovare in nessuna stampa commercializzabile. La fierezza - pure mista al consueto ed ormai ben digerito rigagnolo di imbarazzo per quella famiglia che faceva sempre le cose diverse dagli altri eppure la sensazione della barba del babbo che strisciava sulla sua guancia non l'avrebbe cambiata per nulla al mondo - di percepire in modo lontano e insieme appuntito che quell'augurio sarebbe entrato nella vita delle persone che lo avrebbero ricevuto e ci sarebbe calzato a pennello. A prescindere dal volto che lo avrebbe guardato e dallo sguardo che lo avrebbe letto.

E così, anche oggi, dopo questi due giorni pieni di Roma e di Castelvetro, pieni di gatti coccoloni e gatti timidi, di soli caldi e di venti frizzanti, voglio riesumare quell'antico biglietto dal cassetto della memoria, e ho fatto scartabellare mio papà in persona nelle sue mille cartelline fino a ritrovare l'immagine originale, proprio per condividere quell'augurio con tutti voi, e anche un po' con me stessa, che di certo non guasta.

L'augurio, per la vostra esistenza, di poter essere parte viva di una coppia di alberi Vicini e Diversi. Di poter camminare a passo lento, ingarbugliato e rumoroso, accanto ad una figura che macina in silenzio falcate lunghe e rapide; di poterla tirare dalla manica per chiederle di rallentare e poi di accelerare a vostra volta saltellando per recuperare la distanza. Di metterla in guardia di fronte agli ostacoli quando non avrà modo di guardare avanti, e di appoggiarsi al suo braccio, per un po', quando i piedi faranno male nonostante le scarpe comode.

L'augurio di essere, giorno dopo giorno, "due solitudini che si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda" (da R.M. Rilke, da Lettere ad un giovane poeta).



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