Luoghi che .. io ci vorrei andare a vivere dentro.
(E' parecchio, in effetti, che Tinni non pubblica un elenco; un po' le mancavano, quindi adesso vi cuccate questo).
Le Biblioteche. Ma non tanto quelle specialistiche; ultimamente soprattutto quelle comunali, quelle generaliste, con tutta quella gente mescolata che cerca cose disparate - qualcuno il fidanzato, qualcun'altro una guida turistica, altri ancora un libro per fare la ricerca sul nazismo, molti, semplicemente, il caldo e la comodità delle poltrone - e la uaifai e la caffetteria e tutto sembra semplice e gli altri ti appaiono tutti in ricerca, e necessariamente anche tu sei meno solo, nella tua, di ricerca.
L'automobile. La mia. Con il fiore di stoffa del commercioequoesolidale (cf. infra) comprato in una mattina di conquistate indipendenze romane che tutti mi prendono in giro e dicono che così la panda sembra un maggiolone de noantri in brutta copia ma a me piace perché si intona con il rosso della carrozzeria, e con la bottiglietta d'acqua nel porta-bottigliette, e miriadi di scontrini appallottolati e ripiegati in mille ondine come ho imparato a fare - senza nemmeno accorgermene - da un'amica lontana, e bucce di mandarini secche (pare diano un buon odore all'ambiente, ma mio malgrado non credo sia questo il motivo primario per cui sono lì), e la mia musica senza ordine né genere, anarchicamente simpatica. La mia macchina che quando esco da una lezione o rientro dalla stazione dei treni è costante certezza in attesa, orizzonte sempre noto che pazienta e accoglie, macchia colorata nell'oceano dei grigi.
Le mense. (Meglio ancora se bio). Tutti in fila buoni buoni con il proprio vassoio da riempire, con l'indipendenza di poter scegliere solo dopo aver guardato, l'acqua gratis dalla caraffa, il prezzo accettabile, i tavoloni lunghi e comuni dove puoi sbirciare qualche toppa nella vita degli altri, o strappare un sorriso, o intercettare uno sguardo emozionato alla lettura di un sms amico. Si sta tutti insieme, ma anche ciascuno per conto suo.
I Negozi del commercio equo e solidale. Per i colori sgargianti e le stoffe grezze e i materiali semplici e buoni; per i sorrisi caldi dei commessi che sono lì con una motivazione diversa da quella che hanno tutti; e forse, sì, forse anche per il tintinnio tutto particolare che fanno i soldi quando li spendi per una giusta causa.
La stazione Termini. Seconda casa per più di tre anni; luogo di shopping compulsivo dopo qualche rabbia e risposta sicura ad ogni bisogno più elementare, dal cibo a buon mercato alle gocce per l'otite quella mattina dopo una notte agitata sul treno Svizzera-Italia. La stazione Termini e le sue panchine da ottenere con il coltello tra i denti, i sorrisi dei tabaccai che sono il primo benvenuto a te che ritorni dopo tanto tempo, le folate di vento caldo sui binari e il ticchettio meticoloso delle letterine sui pannelli delle partenze e degli arrivi. La stazione Termini che proprio l'altro giorno ho ritrovato e riperso per una delle ultime volte (aridaje) e non ho potuto fare a meno di entrare in uno, anzi in due negozi praticamente a caso e comprare due oggetti scelti quasi di getto, a sensazione, senza capirne davvero il perché fino ad accorgersi, una volta sul Frecciargento, che toccare quel sacchetto e stringere quel libro era un po' come tenersi stretta Roma ancora per un po', ed essere felici di averlo fatto.
L'eurostar. Con quel senso di elitario e rispettoso e silenzioso benessere; che poi lo sai, in fondo, che tu non sei e forse mai lo sarai, una tipa da frecciarossa, e che quel nobile atteggiamento di opulenza non lo potresti imitare neppure se per una sera - come accadeva ai tempi della scuola - ti vestissero come una principessa; eppure proprio per questo ti piace giocare a fare la ricca, giusto per quelle due ore e ventuno minuti che ti separano dalla méta, ché poi, a ritornare poveri ma felici, ci si prova pure un po' più di gusto.
Le mansarde. Legno, libri, testa piegata in avanti, tante craniate assicurate, ma una vista speciale sul mondo: dall'alto, da un buchetto ritagliato e spesso angusto, ma che più sopra di te non c'è nessuno.
I musei. Da sola. Ché io ci ho anche provato, in passato, a visitare i musei in buona, anzi in ottima compagnia. Ed è bello, sì. Ma non si visita il museo: si visita l'Altro, si visita il suo modo di guardare alle cose, si visita la sua voce e come rimbomba nello spazio largo delle stanze dipinte a nuovo. E invece, da soli, si vagabonda con un ritmo che è solo proprio e si finisce per rispecchiarsi nelle opere d'arte, e prima o poi si trova quella che ti rispedisce indietro una fotografia sorridente di te e allora quando mi succede io compro sempre la cartolina di quell'opera lì, nella libreria del museo o della mostra, e poi la attacco scrupolosamente sul muro di camera.
Hai notato che è l'odore dei posti che crea la loro intensità ?
RispondiEliminaAnonimo SQ
Hmmm perchè non anche il loro colore o luminosità?
EliminaPerchè uno stesso luogo in momenti diversi della giornata o con temperatura diversa acquisterebbe sicuramente un "sapore" diverso.
Meglio o maggiormente completo sarebbe allora scrivere che tutti i sensi danno al posto il suo ricordo particolare.
Ed allora introduco il concetto forse nuovo ai molti: di quanti sensi fisici si ha la disposizione nell'essere umano? I famosi "cinque" sensi oppure un numero maggiore?
C'è chi dice arrivino fino a 12, questo signore qui:
http://www.liberaconoscenza.it/download/download-i-dodici-sensi.html
Marco
Belli i luoghi e i posti che hai elencato.
RispondiEliminaGuarda tu io ho la fortuna di lavorarci in uno di loro, in particolare nella biblioteca! Una specie di seconda casa, dove trascorrere una bella parte della giornata quotidiana, fine settimana esclusi.
Invece come romano de Roma anche io ho pratica e frequentazione della famosa stazione ferroviaria Termini, ma ne sento un pò meno il "fascino" che tu invece gli riservi.
Si, perchè noi "romani de Roma" semo un pò faciloni, sempliciotti, pigri e filosofi: siamo capaci senza problemi di camminare in mezzo a secoli e a millenni di storia passata senza trasecolare o senza porci i grandi interrogativi della vita.
Per noi è normale sederci sul capitello corinzio o sul basamento del tempio di Vesta, non sono buoni appoggi belli solidi?
Si, lo so, abbiamo assopito lo stupore e la poesia, in nome di una antica gloria trascorsa e di cui amiamo poco nascostamente ancora fregiarci.
Per te la stazione Termini è il luogo del ricordo di Roma, per noi è il luogo dell'affollamento e del rischio borseggi.
Ti invito per un caffè a piazza sant'Eustachio la prossima volta che capiti nella capitale!
http://www.santeustachioilcaffe.it/
Marco