C'è questo gioco un po' scemo e un po' tinnico e il gioco consiste nel piazzarsi un immaginario paio di lenti magiche sul naso, un paio di lenti strane e deformanti che ti fanno vedere quello che hai intorno come se fosse la prima volta che lo vedi. Bisogna fare qualche sforzo, perché il gioco riesca bene, diciamo che è un po' come mettere a fuoco qualcosa di improvvisamente molto vicino e a volte c'è la controindicazione di un leggero capogiro iniziale, come quando ti togli gli occhiali dopo una giornata di letture. Ma se superi il primo frastornamento, se ti stabilizzi in quella nuova postura ottica e ti ci metti comodo, poi il gioco può essere davvero divertente.
Il gioco si fa divertente e ti prende e ti appassiona e allora ecco che il colore delle ville sontuose di Montale ti appare sotto una luce ancora più luminosa ed opulenta e sfacciata di quanto facesse prima, ché eri impegnata solo ad evitare per un pelo l'autovelox all'inizio del paese; il gioco ti emoziona sempre più e allora ecco che il borgo medievale di Castelvetro capisci finalmente cosa provano i turisti ad ammirarlo nelle sue strade ciottolate anche se fanno male i piedi a camminarci; e allora ecco che vedi per la prima volta la rotonda di Spilamberto e quella buffa goccia nera lì in mezzo che sta a simboleggiare l'aceto balsamico fa uno strano effetto, che è di curiosità e insieme da levata di spalle bonaria; allora ecco che la neve sulle colline ti fa venire voglia di aprire il finestrino e di respirare a pieni polmoni urlando fuori ma che meraviglia.
Tutto qui. Questo è un gioco che io amo molto e a volte, quando sono di umore malinconico e sono in vena di vane speranze, ci aggiungo una variante - e come in tutti i giochi che si rispettino anche nel mio ci sono le varianti per giocatori esperti - e la variante in questione consiste nell'immaginare che ad indossare quelle lenti non sia io ma qualcuno che in quei luoghi per davvero non c'è mai venuto, e allora il mio compito diventa ancora più importante, perché tutte quelle stramberie o tutte quelle meraviglie io le devo spiegare e raccontare e anche un po' far amare.
E allora diviene un po' come fare la guida turistica a Parigi, mi pare di tornare indietro a quando - in quelli che sono stati definiti, a ragione e con un pizzico di orgogliosa drammaticità, gli ultimi giorni spensierati della mia giovinezza - accompagnavo un'amica su è giù per i luoghi di Amélie, o quando me ne andavo spedita chiacchierina e prodiga davanti ad una coppia di pazienti ma infaticabili genitori a zonzo per il secondo arrondissement, alla ricerca di un buon giapponese.
(per la foto - che manco credevo più esistesse, nei meandri del mio pc - si ringrazia un compaesano e al contempo un amico) |
E pure il buon Castelvetro avrebbe le sue torri eiffel da vantare, i suoi sarkozy e i suoi parc montsouris, se ci fosse un orecchio paziente ad accoglierli e uno sguardo aguzzo per poterli scorgere. Dunque io mi impegno e ci provo, in attesa di non si sa bene cosa e non si sa bene chi, ma intanto mi preparo, e preparandomi gioco al mio gioco con variante per esperti, e allora guarda là quella è la rotonda più bella del Comune tutto, perché invece che improbabili costruzioni neomoderne ci hanno messo soltanto una vigna, semplice nella sua bellezza; ed ecco, lassù, lassù ci abita un'amica che è poi l'amica che conosco da più tempo di tutte, ed è sempre come se fossimo in quarta elementare e lei fosse appena arrivata da lontano, se mi ci fermo a pensare mi accorgo che le voglio esattamente lo stesso bene pieno e felice di quando eravamo bambine; e poi se ti va di camminare un po' ti porto fino alla ciclabile per Modena, e passiamo davanti al paletto dove mi sono rotta tutti i denti, cadendo dalla bici, quando avevo sei anni e per fortuna che erano ancora quelli da latte - non sarà la torre eiffel ma è pur sempre un paletto di una certa dignità, non trovi? - ; sì, e questo è il bar della gioventù rampante del paese e dei vecchietti che la domenica hanno accompagnato le mogli in chiesa e rispettosamente se ne sono scesi qui in attesa che il prete finisca la sua messa (in scena); se salissimo su per quella via ci sarebbe la mia pizzeria - ah ecco a proposito quel signore gentile che saluto adesso con la mano prende sempre una verdure grigliate ma senza radicchio - ma quella la vedremo un'altra volta, intanto tu seguimi per di qua che ti porto ai laghetti e ti faccio vedere gli animali come fossimo al bioparco di Roma, ma un po' più in piccolo, giusto un po'.
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