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mercoledì 15 agosto 2012

Marmellatame

Eppure ho ancora questa cosa attaccata alla pelle e non si tratta solo di crema solare impiastricciata a sabbia romagnola. Ho ancora questa cosa collosa sulle mani come dopo aver mangiato pane e marmellata - ma senza pane né marmellata - e sono venuta qui sperando che la patina gelatinosa, a battere sulle lettere, si attaccasse alla plastica dei tasti portandomi via l'invadente sensazione di sconfitta.

Ho questa cosa che mi abbraccia da qualche giorno, con insistenza, e potrei chiamarla con molti nomi diversi e tutti uguali ma per questa volta la descriverò, solo, senza affibbiarle il merito né la gloria di alcuna denominazione clinico-patologica.

Ho un peso sulla punta dei miei piedi piccoli e paffuti - come un paio di scarpe da ginnastica di mezzo numero più strette del dovuto - che basterebbe davvero poco (slacciarle e toglierle, per esempio) per levare dalle palle, eppure la strada è così lunga, davanti a me, che se mi fermo adesso e continuo scalza fin da oggi ho paura di tagliarmi coi vetri delle bottiglie di birra avanzate da un'ubriacatura di qualche festa fa. E allora sarebbe decisamente peggio. Pazienza.

E' un peso piccolo e appuntito; è ascoltare la voce sgraziata di un'adolescente, dietro le persiane di un ferragosto schiacciante, che canta sulle parole dell'ultima hit radiofonica. Perché non esci? Vorrei urlarle battendo i pugni sul legno crepato delle finestre - ma è un'età scema, la sua, e le stonature noncuranti continuano a riempire la via senza che lei possa saperlo. Pazienza.

E' una coperta lenta e ruvida; è l'accodarsi dietro un trattore che ondeggia su strade non sue, in piena notte: fuori luogo, fuori tempo, fuori. Non ha neppure le frecce ma solo un'enorme, violenta luce roteante in cima al tetto, come fosse un'ambulanza venuta male, un brutto anatroccolo tra i mezzi di soccorso. E invece è solo un contadino ritardatario che ha perso la strada di casa. Pazienza.

E' un'etichetta mal tagliata sul collo del vestito nuovo; è ascoltare risate aliene, tutte al femminile, dal lato opposto dei sedili di un treno; è inciampare sui gradini di casa; trovare la cassetta delle lettere - sempre, ancora - vuota pure di bollette (dovrei gioirne?); tornare senza essere partiti; sbagliare un congiuntivo indipendente - sempre, ancora; è dire addio prima dell'alba.

Malinconia - vedete pure che non riesco a non chiamarla, alla fine. Malinconia agostana o forse solo stanchezza per questo caldo stronzo. Stanchezza o meglio annichilimento, o forse piuttosto avvilimento, ma anche un po' di-sperazione.

La tastiera è tutta appiccicosa, adesso: ma le mie mani non sono da meno. In fin dei conti, allora, meglio mangiarsela sul serio, una fetta di pane e marmellata. Buon appetito.

2 commenti:

  1. In mezzo al post, nel tuo classico stile soave e poetico, ho trovato "per levare dalle palle" - un refuso? :^)

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  2. Ahaha caro Speaker, se tu sapessi quanto poco io sia "soave e poetica" nelle mie espressioni verbali quotidiane.. ;)

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