Fare la spesa soli è una di quelle imprese eroiche di cui numerose, probabilmente troppe persone sottovalutano la portata. L'azione alla quale più istintivamente mi riesce di associarla è quella di attraversare in corsa pattinata un lago ghiacciato, d'inverno, per giungere - obiettivo di una sfida stupida quanto ardua - all'altra sponda illesi e fortunati.
Quando ci pattini dentro, scivolando tra uno scaffale e l'altro, e grazie ai mille meravigliosi casi della vita quotidiana riesci a sovrascrivere completamente la solitaria scia lasciata dalle quattro cigolanti ruote del tuo carrello con ciò che dovrai fare l'indomani, con le poche righe vuote della tua agenda, con le cifre di un numero di cellulare da richiamare o foss'anche semplicemente con i postumi di un mal di gola graffiante; quando puoi correre sulla sua pericolosa lama di ghiaccio ben attrezzato e tutto coperto dai grigi, soffocanti eppure salvifici maglioni dell'esistenza più minuta e becera, avvolto proprio da quelle preoccupazioni tabelle bruciori di stomaco e difetti di vista che sembrano legare ed impacciare i tuoi movimenti di pattinatore esperto, è allora che riesci a raggiungere la meta senza che il fondo gelido e buio abbia il sopravvento sulla sottile striscia di ghiaccio duro. Solcare la superficie di fretta, intenti ad altro, in rapide falcate che guardano già oltre: e la spesa finirà in un tonfo di portiera chiusa con sottofondo di autoradio; quasi bella nella sua autonoma, bianca sussistenza refrigerante.
Ma se il caldo di una giornata prefestiva e agostana, se quel caldo di vacanza da mordere e succhiare, se quella cortina di indifferenza diffusa ed eccitata già di per sé ti fa scivolare via di dosso, insieme a maglie maglioni e calze di lana anche tutto ciò che l'invernale rigore appiccica alle ore della tua giornata ben suddivisa; se già il torrido sole, insomma, fa la sua - crudelissima - parte e si va a sommare ad una serie prevedibile ma sempre pungente di eventi interni ed esterni che ti mettono - ancora una volta, anche oggi, dopo un anno, sì, di nuovo - nudo, pattini ai piedi, di fronte alla lunga ed insidiosa superficie di gelo da varcare; se tutto concorre alla nitida percezione dei tuoi passi sovrapposti allo scorrere del carrello: due, come sempre, e nessuno ha il coraggio, il tempo, la voglia, il numero di telefono per tenerti la mano nella tua folle quanto necessaria corsa alla sopravvivenza ed alla riva, è proprio allora che la spesa diventa incubo e che quel delicato equilibrio tra gravità e solidificazione dei liquidi si spezza in un tonfo sordo senza respiro.
E così tutto il circo assurdo degli oggetti, dei pesi, delle etichette e delle offerte speciali ti avvolge cupo senza margine di risalita. Coppie sorridenti (ma come si fa a sorridere in coppia alla coop, poi, vorrei tanto saperlo, sì davvero, io che non ho fatto in vita mia una sola spesa a due senza desiderare la morte violenta dell'altra metà al trascorrere dei primi cinque minuti di acquisti) bilanciano scelte di vita e di marche spintonandoti dall'alto dei loro carrelli stracolmi. Pacchetti di biscotti di infima categoria mangiati una sola volta nella vita rimestano dal tuo fondo più profondo nostalgie e debolezze. Confezioni di carne ottima e ristoratrice si dimostrano troppo piene e pesanti e consistenti per poter sfamare una sola bocca - ed è la tua, tra l'altro - entro la temibile data di scadenza. Le quattro, sempre identiche, scelte del tuo menage si stringono meste l'una nell'altra di fronte ai sacchi di carbonella, ai chili di verdure, ai set di ventiquattro piatti in ceramica, ai pacchi di bicchieri di plastica in offerta e pure alle scatolette di crocchette per cani (bau) che quanto meno causerebbero una qualche scodinzolata allegra al tuo rientro carica e sudata tra le quattro mura di una casa un po' più puzzolente ma anche un po' meno vuota di così.
Fare la spesa, soli, l'undici di agosto al rientro da una manciata di giorni di vacanza che dovevano riposare ed hanno stancato, districare ed hanno annodato, decomprimere ed hanno tappato; fare la spesa, soli, per sé soli, in una giornata prefestiva ai margini dell'autostrada; comprare ciò che si deve, pagare la cifra, infilare tutto di fretta, caricarsi in spalla la borsa strapiena, trovare uno spazio di dita anche per il melone - nessuno lo porterà per te da lì alla macchina, infatti - riguardare la lista un'ultima volta per poi rendersi conto che di nulla di ciò che hai comprato hai fame, nemmeno oggi; fare la spesa, soli, oggi, nonostante tanti buoni propositi e tanti sorrisi dati e ricevuti, beh, fa schifo.
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