Tre sacchetti: uno di perle scure, uno di perle chiare; e uno di biglie colorate, tutte diverse.
Come vorrei che gli attimi di questa vita che aggancia una nota dopo l'altra come in una fuga di Bach potessero tramutarsi in minuscole palline, tante da riempire un sacchetto, anzi tre.
Nel primo metterei tutti i minuti di rabbia, i morsi all'incavo di pelle tra il pollice e l'indice, tutte le smorfie quando mia mamma metteva in tavola il semolino, i latrati dei cani, il terremoto - i terremoti, le attese davanti ad uno schermo, le pizze sbagliate. Tutte le canzoni tristi ascoltate a ripetizione tra una scrivania ed una sedia, il primo bacio, le partenze. Le infilerei tutte lì, le perle scure dei miei ventott'anni un po' felici e un po' no, e, ogni volta, di fronte ad ogni nuova lacrima, calerei la mia mano piccola verso il fondo del sacchetto, sgranando dolori passati in un ticchettìo uniforme e buono, e direi ecco, ciao, mettiti qui, c'è posto anche per te, basta non spingere.
Nel secondo, nel sacchetto delle perle chiare, metterei i raggi di sole sfuggenti dei giorni puliti di gioia assoluta; i sorrisi intorno, le vittorie, i primi posti, le domeniche sera, la barba del mio papà ispida nella lotta uno contro l'altro, i fagioli della mamma e lo squillo del telefono. E poi chiuderei il sacchetto con un nastro verde con su scritto l'amore.
Perché dal sacchetto scuro, le perle difficilmente se ne escono a spasso per la stanza, tanto vale lasciarlo aperto. E' da quello chiaro, invece, che il calore della perfezione tende ad evaporare, lasciando un semplice ed etereo profumo di lavanda. Ho sempre più spesso la sensazione che la felicità si digerisca troppo bene, che sia un'insalata con aceto balsamico che qualche minuto dopo già corre via, scivolando lungo le avide pareti dello stomaco. E allora no, basta - dico io: qui ci vuole un nastrino per sigillare le perle chiare, e poche storie.
Ma soprattutto vorrei ci fosse un sacchetto di stoffa grezza per le biglie colorate di ogni giorno, per i profumi degli alunni, le fette di pane e marmellata mattutine, le scritte buffe sui cartelli stradali. Per il metanista della Bazzanese e per il cassiere della conad di San Damaso. Per le canzoni inaspettatamente belle all'accensione della radio, per ogni goccia di pioggia sul tergicristallo, che sibila sempre e forse andrebbero cambiate le spazzole. Per i minuti di insignificante ora; per tutte le volte che nasciamo, respiriamo, battiamo le ciglia e facciamo la cacca.
Come faremmo senza questo sacchetto? Gioie e dolori, forse, aggrottando la fronte in uno sforzo di memoria, quelli riusciremmo a ripescarli, ma che fare con tutti quegli insignificanti attimi di vita che pure hanno costruito dei pezzi del nostro palmo, della nostra casa, della nostra anima?
Mi sa che da stasera mi metto a cucire.
facci sapere poi come è andata
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