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lunedì 17 dicembre 2012

Cibi, classifiche di

C'è stato un tempo, tanti minuti fa, che a fare la spesa mi accompagnava sempre - o quasi - una Persona che amava i cibi di serie A più di ogni altra cosa. E' stata questa Persona, si può dire con un certo margine di approssimazione, che mi ha insegnato a fare la spesa; e quindi anche io, per molti, moltissimi minuti della mia vita, ho creduto di amare i cibi di serie A più di tutti gli altri.

I cibi di serie A sono quelli che compaiono per primi nelle diciture dei piatti, al ristorante; quelli intorno ai quali si costruisce il complicato e pretenzioso balletto della cottura; quelli che camminano a testa alta, nei carrelli, e che costano, di norma, sopra ai dueeuro ciascuno. Sono cibi di serie A il pollo, le lasagne, il salmone, il pesto; i cibi di serie A sono molto simpatici alle professoresse, solitamente, e poco ai compagni di classe. Tigelle, fiorentine, branzini sono cibi di serie A. Tutti buoni, silenziosi, attenti; poco fantasiosi, semmai, ma a che serve, la fantasia, quando sul tagliere campeggia un astice in grembiule bianco e guantini?

Poi, dopo tutti quei minuti passati in adorazione dei cibi di serie A, ci sono stati i lunghi soggiorni parigini, e solo lì, nella freddocalda Parigi, ho scoperto quanto fosse importante, per cucinare felice, la presenza, rumorosa e scomposta, laggiù all'ultimo banco, dei cibi di serie C. Che ci fai, con un pesce, senza il morso irriverente del prezzemolo? Polpette senza pan grattato, paste al pesto senza grana padano, amatriciane senza cipolla: non conosco mondi più tristi.

I cibi di serie C vengono sempre interrogati per ultimi, nei giri, perché i professori un po' si dimenticano che esistono e un po' danno per scontato che prenderanno tre, ma le gite di classe, se i cibi di serie C si fanno venire l'influenza, sono dei mortori senza fine.
L'estero mi ha insegnato l'amore per i cibi di serie C; e quando l'anno scorso, precisa ed emozionata, ho fatto la mia prima spesa per la casa nuova, non ho più dimenticato di allineare, lungo il bordo rassicurante dello scaffale, origano pepe aglio e rosmarino.


E' solo da poco che ho capito, però, lungo le mie telematiche cene in bilico tra l'estro e la fame, che, stretti stretti tra la maiuscola e la nota, esistono anche i cibi di serie B. Si tende a dimenticarli, in realtà, perché non sono sempre gli stessi, classe dopo classe: i cibi di serie B cambiano da banco a banco, da persona a persona e da frigo a frigo. Vanno scoperti, ecco perché nessuno parla mai di loro; ci vuole pazienza, fatica, si sbaglia anche un po', di solito, ma poi, dopo aver accumulato un buon numero di scontrini e di voti sul registro, si arriva sudati a stringere in mano la propria, specialissima, lista.

I cibi di serie B sono quelli che colorano i primi della classe ammorbidendo le loro stizze quando prendono meno di otto; i cibi di serie B vanno più d'accordo con quelli di serie C, s'intende, ma al momento di essere scelti per figurare al secondo posto sulla carta della trattoria, si siedono accanto alle serie A con un sorriso buono e paziente. Se volete vi confido un paio dei miei, di cibi di serie B.

Le zucchine, prima di tutte; e poi le loro cugine grasse, le melanzane; spinaci, uova, pomodoro (in tutte le sue forme). E anche, a seconda del quadrimestre, broccoli arance funghi e mozzarella.

E' solo da poco che ho capito, insomma, lungo i bordi dei miei pranzi veloci, che un cibo di serie A garantisce sempre un successo ma che un successo può venire - inaspettatamente come un sette in una versione di Tucidide - anche da una buona amalgama di cibi di serie B. E' solo da poco che ho gustato il sapore di vittoria di una pasta col frigo vuoto, che mi sono dissetata al bicchiere dell'improvvisazione regolata, che ho forchettato ridendo il secondo boccone di un polpettone al rischio e fantasia.

E se allora, in questo Natale che striscia inatteso sotto le nostre porte insieme al freddo del cielo, provassimo ad imbastire cenoni di funghi e pomodori? Sarebbero forse le persone che amiamo sedute più scomposte intorno al tavolo della nostra gioia? Se ciascuno, avvolto in un pacchettino di carta marrone, portasse al veglione il suo piatto speciale di serie B, e lo allineasse colorato accanto a tutti gli altri, sarebbe la tavola meno imbandita? E se tacchi e polli arrosto, per una volta, fossero terminati, negli scaffali della coop, forse che spinaci e pantofole rovinerebbero gli ultimi istanti dell'anno traballante sulle nostre spalle? Perché, sapete, devo confessarvi una cosa: stamattina, prima di uscire, ho appoggiato il mio paio di pantofole sopra al termosifone - così, quasi per caso - e stasera, al rientro con le caviglie gonfie, ho infilato i piedi nel caldo e sorridendo soddisfatta alla me stessa stanca dello specchio ho pensato beh, sì, anche questa è la felicità. Ed ho addentato affamata un morso di frittata alle zucchine.


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