Mentre il silenzio fasciava la terra
e la notte era a metà del suo corso,
tu sei disceso
D.M. Turoldo
Non il cielo, non il freddo, non ilmeteopuntoit. Non è il cielo color metallo, né quel freddo arido e solitario, né men che meno sono aleatorie previsioni decantate su improbabili social media. La neve, quando arriva, la si annusa dal silenzio.
C'è quel silenzio forte che solo la neve conosce e solo neve preannuncia. Lo spazio di un assordante nulla che nel giro di qualche istante trattiene il respiro, chiude gli occhi e poi plic, comincia a riempirsi di fiocchi puntinati che cadono sull'asfalto asciutto, e su altri fiocchi, e infine su morbide coltri bianche.
C'era lo stesso silenzio, il silenzio della neve che finisce per invadere anche gli spazi abitati, gli interni delle automobili, gli ingressi dei bar e forse anche i bagni delle discoteche, se ha voglia di impegnarsi; c'era lo stesso silenzio buono e potente, qualche sera fa, in cucina, e i funghi cadevano - fiocchi soffici - sotto i colpi ritmati e stanchi del mio coltello. C'era lo stesso silenzio e così, ad un certo punto, ho alzato la testa, ho tirato su col naso e plic, ho sentito sorridendo odore di te.
Perché è quell'istante di silenzio, è quella nebbia compatta e muta che fa rimbombare, d'improvviso, il rumore di ciò che di solito non si ascolta; è il punto interrogativo lanciato sul fondo della classe che solleva scricchiolando la mano laggiù in fondo ed è stato proprio così, qualche sera fa, che, dopo averlo scordato per colpa dei funghi e delle lacrime da cipolla, ho ricordato che eri lì. E ho avuto voglia di nascondermi sotto alla sedia per tirarti di traverso una palla di neve; ho avuto voglia di calcare con energia allegra le mie impronte sulla coltre della tua concentrazione pulita; ho avuto voglia di ridere al cielo e di aprire la bocca all'insù, per vedere se qualche fiocco di quella felicità silenziosamente fragorosa riuscivo anche a mangiarlo.
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