C'era una volta, tanto tempo fa, una renaultquattro bianca. Era una renaultquattro tutto attaccato, ché così ho imparato ad apostrofarla e a sentirla chiamare, una volta, tanto tempo fa. E anzi, ad essere precisi, visto che una volta, tanto tempo fa, non sapevo leggere né scrivere né tantomeno in francese, quella macchina era una renòlquattro, ed era la nostra renòlquattro.
La renòlquattro in questione, come vi ho già detto, era bianca; non aveva lo specchietto di destra, i sedili erano di pelle marrone, le maniglie delle portiere avevano quel pulsante a scatto che ora si vede solo nelle auto d'epoca, c'erano quattro marce e se si raggiungeva una velocità sostenuta dal portabagagli posteriore si elevava imperioso e sottile uno gnic gnic di metallo traballante che noi tre - in quel gergo magico che fino ai sette anni di età almeno si crede un po' vero e si sa un po' falso, ed è esaltante proprio così - chiamavamo il nostro uccellino didietro. Ah, sì, e poi c'era anche una figurina di un cerbiatto che troneggiava sull'angolo in basso a destra di uno dei due finestrini posteriori, che ancora mi chiedo come mai il mio irreprensibile padre mi avesse concesso di attaccarla - lui che rigorosamente non voleva che si appiccicassero patacche nemmeno sui muri di camera mia, si rovina l'intonaco e resta il segno - (forse l'avevo fatto senza il permesso - ma questo mi pare altrettanto strano, e allora lasciamo che il ricordo spunti lì dov'è spuntato, e che il motivo se ne resti sotterra).
Quella renòlquattro, insomma, è stata un'auto ormai d'epoca dotata di uccellini, figurine animali, quattro porte, cumuli di ricordi e finestrini duri da abbassare.
Ma a me, soprattutto, la renòlquattro piaceva perché ci potevo stare in piedi. La renòlquattro era - lo ricorderete sicuramente - un'automobile alta ed elegante; mentre io ero - per parte mia - una minutissima e nanerottola bambina di cinque anni. Il risultato di quest'accoppiata vincente, quindi, stava nel fatto che, complice un codice stradale senza obbligo alcuno di cinture di sicurezza, la Tinni di tanto tempo fa si passava tutti i suoi viaggi in macchina bella dritta in piedi, dalla postazione posteriore, con le mani appoggiate sui sedili davanti e i piedini infilati nelle rientranze - sembravano fatte apposta, si ritrovava a pensare - dei tappetini già consunti. Ed era entusiasta.
Entusiasta come lo si può essere di quelle situazioni ormai abitudinarie eppure sempre calzanti. Entusiasta come tutte le volte che si ripensa ad una casa tutta propria che, giorno dopo giorno, è ormai un'abitudine eppure sempre perfetta. Entusiasta come dopo tanti mesi che hai vinto un concorso e ne ritrovi ogni giorno un segno - sempre uguale, faticoso, sudato - sulle pagine della tua agenda. Entusiasta come per i volti di allievi ormai noti eppure nuovi, ogni volta, di brufoli, sorrisi e seiemezzo. Entusiasta.
Entusiasta e ritta: ecco come ho ripensato, ieri, vedendo una renault quattro blu ferma a fare benzina ad un distributore sulla via per Bologna, a quella Tinni di tanto tempo fa e anche alla Tinni di oggi. Entusiasta e ritta, in piedi, con la schiena allungata verso un cielo grigio, dentro ad un mondo sempre uguale che, però, non le fa mai mancare, quando servono, un paio di rientranze giuste giuste nei tappetini posteriori. Entusiasta perché ritta, perché attenta, perché concentrata su tutto quello che avviene, dentro e fuori da quel mondo, senza mai smettere di fare domande. Entusiasta - alle volte, eh, mica sempre - e stirata come una maglietta ben stesa, senza bisogno di ferro da stiro. Entusiasta e in piedi, si parte.
Ho confuso questo post con il blog di Stefano Amato :^)
RispondiEliminaRenault4 grigia, interni in similpelle nera (d'estate diventavano roventi), uccellini nel bagagliaio, e io che sto in piedi, dietro...mi hai fatto venire in mente un sacco di ricordi!
RispondiEliminaBel blog ;-)
E io che pensavo che gli uccellini fossero una prerogativa della mia sola Renault! Invece a quanto pare erano di serie ;) ..Grazie per i complimenti e benvenuta!
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