C'è un piacere simpaticamente speciale che accomuna, sotto il mio sguardo, le seguenti cose: le vetrine dei negozi di ferramenta che espongono pennelli in ordine crescente di grandezza, e scarpe anti-infortunio su appositi ripiani immacolati, e sfondi di quadrettini colorati sotto forma di campioni di tinteggiature; i piccoli buchi vicino ai bordi, nelle magliette della gente, che ancora non se n'è accorta oppure aspetta di tornare a casa a cambiarsela (oppure anche non glienefreganiente); i capelli spettinati; il fango nelle impronte; togliere le graffette dai gruppi di fogli (possibilmente con successo, senza strappare il margine bianco).
Come si può definire tutto questo? Perfettibile genuinità? Pura imperferzione?
Ottenerla per vie volontarie è tanto impossibile quanto curarla come fosse un malato. Ché malattia certo non è, ma neppure sanità. E' starnuto di allergia (forse). Brufolo? Brontolio di stomaco per la fame, sì, meglio così.
E voi, e noi, quando si bucherà la prossima camicetta comprata al banco dei cinesi, al mercato, ricordiamocelo: staremo più simpatici. Cerchiamo di esserlo anche a noi stessi.
Ho una maglietta bucata che non butto perché mi piace.
RispondiEliminaLe vetrine immacolate dei ferramenta dalle mie parti non le ho viste.
RispondiEliminaStendiamo un velo pietoso sui miei vestiti...
Vedo che allora i miei buchi/macchie/strappi/pieghe irrimediabili sono in buona compagnia! Ne sono lieta.
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