Ed è allora che, in risposta ad un richiamo amico e gentile - un uccello esagitato, un trillo del cellulare, un parcheggio rombante sulla ghiaia - stiriamo braccia e mani ad afferrare quel caldo compagno di pace, il lembo del lenzuolo più vicino, ed è a lui - e soltanto a lui - che confidiamo, taciti e loquaci come solo ai margini del sonno si può essere, il nostro mieloso entusiasmo per tutte le ore che ancora abbiamo davanti da dormire, in quel sobbalzo di veglia che sa di sete e di amore.
Come quando nostra madre si ripiegava lenta sul letto per rimboccarci le coperte, come quando ci siamo svegliati nel buio e per la prima volta abbiamo sentito un altro respiro in controcanto sul nostro, come tutte le volte che si è pensato domani è domenica, come ogni primo lampone sul sentiero, ogni istante in cui abbiamo girato il dorso di una cartolina per leggervi ciò che già sapevamo, ogni farfalla che si credeva vespa, ogni bottone ricucito.
E alle volte mi sembra un po' di esserlo anche io, per te, quello scampolo di lenzuolo di cui già conosci il numero di centimetri di lontananza, scivolando la mano a sinistra del cuscino; e ugualmente non ti stanchi a bisbigliargli sornione, sera dopo sera, che pure questa volta hai terminato con successo la tua giornata e hai anche già assaggiato un pezzo di dolce, trafugandolo dal forno ancora caldo, senza farti vedere dalla cuoca.
(E' buonissimo, per nulla bruciato; figurati, ne ho preso un boccone anche per te).
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