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domenica 28 settembre 2014

Cinque: dedicato a N.

Quando hai diciotto anni e gli angoli della nuova patente, rigidi, in tasca, tutto ti sembra bello e possibile. Quando hai diciotto anni e impari a prenderti qualche tregua dalla scuola per costruirci dentro qualche cosa di tuo, anche a scapito di quelle antiche e perfette otto ore di sonno, ti senti forte ed adulta. Quando hai diciotto anni e chi ne ha venti ti tratta ormai da amico, consigliandoti un libro - anzi molto più che uno - allora più che mai pensi che valga la pena provare, ché hai una tenda davanti a te, da sollevare, e basta chinarsi solo di mezza testa per entrare nella stanza della vita adulta.

E' così che ho conosciuto Daniel Pennac e la sua saga dei Malaussène. Non ne avevo nemmeno capito bene il titolo, quando - al termine di una riunione di staff lupetti, a casa di Mauro, con annessa abbuffata di pasticcini come se non ci fosse un domani, ad un'ora in cui le brave bambine che fanno il liceo avrebbero dovuto già dormire da un pezzo - due compagni di strada un poco più grandi di me mi suggerirono di provarlo, di stringere la mano a quella famiglia di pazzi di cui ancora non potevo sapere che mi sarei innamorata fino allo stordimento.

E pensare che non li ho neanche letti in fila. In biblioteca Il paradiso degli orchi non ce lo avevano: ho cominciato da La fata carabina. E poi il quarto. Il primo. Infine il terzo.
A volte penso che se li avessi gustati come si deve, in ordine, al termine dell'ultimo avrei avuto una crisi nervosa. Invece ho solo fatto lo sciopero della lettura per almeno sei mesetti buoni: pensavo che non potesse esserci null'altro al mondo degno di essere chiamato libro. Quando hai diciotto anni e ti innamori di uno scrittore, beh, qualche eccesso te lo puoi anche permettere.

(ciao Niculet: spero di averti reso felice)

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