In passato scrissi che le
amiche si dividevano nelle due categorie delle spugne “grattine” e di quelle
morbide. In passato sapevo che le amiche potevano essere al tuo fianco quando
piangevi a dirotto in uno studio parigino, mordevi la penna nervosa all’entrata
di una stanza d’esame, o davanti ad un cartone animato, sotto ad una coperta
pesante, sopra ad una pizza sudata.
La mia amica Giulia, però,
non era mai stata con me in nessuno di questi momenti.
Silenziosa e discreta, non
era suo il numero che avevo composto dalla Francia in maniera compulsiva fino
ad ottenere preoccupata risposta; non era suo il foglio risposte posizionato
poche file sotto il mio, né sue le mani che mi porgevano acqua dopo un faticoso
orale senza mai prendere fiato. Non avevo mai firmato per testimoniare un suo
grande passo, le avevo fatto pochi regali e poco pensati, e di certo di non
avevo cullato figli suoi in una rumorosa stanza da pranzo fino ad
addormentarmici accanto.
Giulia c’era sempre stata,
sì, ma al margine educato e sorridente della vita di Tinni.
Tinni, dal – presuntuoso –
canto suo, pensava di aver ormai raggiunto quel punto del cammin di sua vita in cui
tutto ciò che riguardava gli affetti era stato sperimentato: farfalle,
abbracci, pacche, occhiate, assensi. Guardandosi indietro, vedeva distese di volti noti che la avevano accompagnata
fin lì. Davanti a sé, pensava avrebbe
trovato soltanto repliche di colori diversi del medesimo modello IKEA: stessa
anta, stesse misure, nuove maniglie e diverse parole.
(Ovviamente) si sbagliava.
Tinni ha comprato una casa.
E’ una casa che ha una lunga storia alle spalle, saggia e acciaccata come i
suoi genitori: Tinni deve imparare ad avere cura di lei, a raddrizzarla e poi a
renderla amica, un passetto alla volta.
Ma a Tinni i passetti non
piacciono, soprattutto su scale – tre rampe e mezzo, senza ascensore! – che non
ha mai salito prima, scale di nomi incompresi, misteriosi prezzi, materiali
ignoti e operazioni molto lontane da quelle semplici e franche che lei ama
tanto: traduzioni, correzioni, riassunti. Tinni non è capace di sentirsi
piccola di fronte a muratori alti pochi centimetri più di lei, soffre a
delegare, si impunta e vuole capire tutto, anche quello che i suoi neuroni non
sono mai stati programmati per capire, ovvero tutto ciò che riguarda il lato
pratico delle cose.
E, contemporaneamente, è un
periodo che Tinni ha una gran paura: paura di invecchiare, di perdere qualcosa
per strada, di non acciuffare il treno in tempo, di essere in ritardo sulle
tabelle di marcia pubblicate sul sito della Vita.
Si sentiva vecchia e
maestrina più del solito, quindi, la nostra corrugata Tinni alla vigilia
dell’incontro importante, quello tra lei, il muratore, l’idraulico e
l’elettricista, incaricati di rifare il trucco alla vecchia nuova casa, appena
sua. Spesso, mentre voci maschili e rimbombi tra le pareti spoglie menzionavano
elementi di edilizia marziana (caldane, frutti, tracce: nomi che Tinni pensava
appartenessero a mondi familiari, e ora li ritrovava su pianeti lontani), le si
facevano molli le gambe e la voce, e pensava non ce la faccio, dov’è mio papà? Ma era solo un attimo di
solitudine, perché poi, puntualmente, tra i bassifondi di quei toni gravi
saliva il cinguettio cortese e fermo della voce di Giulia, come a dirle: non ti preoccupare, ci sono io.
Ed era vero, c’era lei:
Giulia. Perché Giulia, di mestiere, fa l’architetto; e in questa fine di anno
solare che è un inizio di tante storie nuove, Giulia ha deciso di buttare gran
parte del suo tempo di professionista preziosa per regalarlo a me, a questa
nuova vecchia casa che ispira simpatia, al percorso che ci porterà entrambe
nelle braccia l’una dell’altra: si occuperà lei, in gran parte, di questa
ristrutturazione.
Sorreggendomi all’appoggio
minuto ma solido della mia amica Giulia sono arrivata sana e salva anche alla
fine di quell’incontro importante, e ho sceso, dandole il braccio, tutti e
quattro i piani dello stabile, fino a terra, e mentre aprivo il cancello del
mio nuovo giardino condominiale, per un attimo – è stata questione di secondi –
ho guardato Giulia, il suo paziente compagno (architetto anche lui) e la mia
mano che girava la chiave, e ho pensato
siamo grandi.
E quindi eccomi qui, qualche
settimana dopo che tutto questo è successo, ad aggiornare la mia personale
categorizzazione d’amicizia. Qualcosa mancava ancora a Tinni, prima di questo
ottobre rosso e caldo: e ora ha un’amica in più, con cui non ha diviso né
lacrime né risate, ma quel minuscolo, prezioso e irripetibile istante in cui,
per la prima volta, la parola adulto diventa
sinonimo di grande. In tutte le sue
sfaccettature.
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