Ho comprato un'automobile nuova.
Dopo dieci interi anni di onorato servizio, due domicili, una consistente presenza ispiratrice su questi schermi, passi montani, isole, nevi, grandinate fuori dall'ordinario, urla infantili e una quantità incommensurabile di briciole - ebbene sì - Tinni sta per acquistare una panda nuova fiammante.
Uguale in tutto e per tutto a colei che la precedette, o quasi.
"O quasi" perché la panda nuova non sarà color rosso-allegria-simpatica, bensì - per questioni legate da una parte alle bieche manovre di vendita della ancor più bieca Fiat, e dall'altra ad altrettanto prosaici calcoli finanziari di Tinni stessa (la quale non intendeva sborsare alcunché di aggiuntivo rispetto al prezzo basilare) - tremate tremate... color "grigio-moda". Anzi, evitiamo fin dal principio di cadere nel pallido tranello del mio rivenditore e chiamiamo questa tinta col nome che merita: color "grigio topo".
Continuavo da settimane a rimuginare su questa scelta proletaria, scrutando ogni panda di quel genere alla ricerca di possibili sfumature di allegria e non trovandone alcuna, e mi chiedevo da giorni come avrei fatto a sopportare una vista tanto mogia ed opaca, quando oggi, di ritorno da una pausa pranzo che si era dimostrata già per molti versi benefica, ho ritrovato quello stesso colore non più tra le righe bianche delle corsie stradali, ma sul fondo del cielo, in direzione nord-est.
Stava per arrivare un temporale.
E qui ci starebbe, volendo, anche il pippone sul cambiamento climatico, sulla violenza di questi nuovi temporali forieri di danni e terrore, sulle mezze stagioni che mio figlio mai conoscerà, sul caldo asfissiante degli ultimi tempi e sull'aria condizionata che oramai condiziona le vite di tutti noi. Ci sarebbe, volendo, ma lo risparmierò alla mia stanca tastiera e arriverò dritta al punto.
Stava per arrivare un temporale e Tinni, nonostante le sue ataviche paure dei tuoni, sommate a quelle per i succitati danni da maltempo a cui questi tornado ci hanno abituato, nonostante i panni stesi da poche ore ed anche se la sua piccola, fragile e ormai morente panda era ancora piuttosto lontana da qualsivoglia riparo, beh, nonostante tutto questo, Tinni, al vedere quel colore fosco addensarsi all'orizzonte, invece di avere paura ha avuto... un ricordo.
Perché dovete sapere, cari i miei venticinque lettori, che in questi anni di assenza dallo spazio virtuale Tinni ha affrontato la cosa più grande che tutta la sua vita le avesse mai propinato, e cioè ha dato alla luce un figlio in piena pandemia. E il ricordo che questa madeleine al sapore di pioggia le ha ripescato alla mente oggi, durante la pausa pranzo, era proprio un ricordo dell'agosto 2020, quando il piccolo bogigio (soprannome di famiglia) aveva a mala pena un mese e mezzo e la neo-mamma Tinni stava vivendo uno dei periodi più bui della sua peraltro felice esistenza.
Era estate e c'era caldo, tanto caldo. Non si usciva mai perché il neonato piangeva, perché il neonato sudava, perché il contagio aumentava e perché Tinni da settimane non si lavava né le ascelle né i capelli. Le giornate si susseguivano uguali le une alle altre come solo quelle degli agosti in cui non si va in ferie sanno fare; monotoni e asfissianti come possono essere soltanto i giorni di chi ha appena avuto il primo figlio; tesi e accidentati come quelli di chi si è ritrasferito a casa dei propri genitori e ha paura di diventare grande per davvero.
Anche quel giorno ilmeteo.it prevedeva ore e ore di pallino arancione, eppure, in un pomeriggio anonimo come tutti gli altri, all'improvviso, da lontano, si udirono dei rombi di tuono.
L'acquazzone arrivò lesto e furioso, Tinni accese la luce nella sua mansarda trasandata, furono chiuse imposte e alzate zanzariere, la pioggia distrusse e poi scivolò via.
E fu allora che Tinni, in un insperato moto di creatività, si legò il bogigio addosso e decise di uscire nel giardino, ancora con i pantaloni verdi del pigiama. Accuse di sconsideratezza le piovvero come sempre sulla testa, insieme agli ultimi goccioloni che il temporale tardava a portarsi via, ma lei spazzò via gli uni e gli altri con una lieve manata sui capelli.
Voleva far conoscere a suo figlio la pioggia.
E qui vi prego - anche se a prima vista potrebbe apparire spontaneo il contrario - di sgomberare il campo - mentre immaginate questa scena - da qualsiasi pensiero di tenerezza o cucciolosità materna: in quei mesi il bogigio era per Tinni solamente un groviglio di incomprensione e senso di colpa. Non ero una madre (ne esistono?) che culla protettiva il proprio figlio sussurrandogli che l'ama. Odiavo il suo estenuante desiderio di tetta e non sopportavo i suoi sonni agitati. Mi chiedevo assai spesso chi me l'avesse fatto fare. Contavo i giorni nella speranza - sempre frustrata - che qualcosa migliorasse. Non mi ritrovavo in nessuno dei pensieri sulla maternità che avevo elaborato in gravidanza.
Ma avevo voglia di qualcosa di nuovo. Ed un buon temporale estivo - sia pur distruttivo od impazzito - rappresentava a quei tempi l'unico diversivo possibile. Non potevo lasciarlo scappare. E non potevo più, del resto, pensare di godermelo da sola.
E così portai Guido in fascia a leccare le prime gocce di pioggia della sua vita, mentre mi nutrivo del fresco attraverso la canottiera del pigiama e pucciavo i piedi nudi nelle pozzanghere del selciato.
Ero felice? Penso fosse ancora molto presto per parlare di gioia.
Sono felice oggi, che Guido ha pronunciato in una giornata almeno venti parole nuove, mi ha mostrato che sa fare le bolle con la saliva e si è lavato da solo le ascelle e sotto il mento.
Nell'agosto del 2020, dopo il temporale e intorno alla casa, con il bogigio in fascia, Tinni, semplicemente, si ricordò che la felicità esisteva ancora, tra le possibili sfumature dell'esistenza, e le fece ciao ciao, di lontano, agitando una manina che non era la sua.
E così tra un mese, quando riceverò la mia nuova panda color grigio moda topo, ho deciso che saluterò in lei e nella sua temporalesca apparenza questa nuova fase di tinnica vita, una fase in cui quando l'oscuro tornado arriva sul tuo capo, puoi sempre approfittarne per un rinfrescante pediluvio.